REGGIO EMILIA – Inizia a Reggio Emilia l’ultima settimana della mostra Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea 1984-2024 che si conclude domenica 10 marzo presso i Chiostri di San Pietro. Sviluppata su più piani all’interno del bellissimo spazio di epoca rinascimentale, la mostra offre diverse valide ragioni per approfittare di questi ultimi giorni. Andare a vederla è una scelta che ripaga a prescindere dal livello di confidenza che si ha con la band, le sue canzoni, il genere musicale e il loro periodo di attività. Innanzitutto non si tratta di una mostra sui CCCP ma di una mostra dei CCCP. Non è stata pensata per mettere in mostra la mercanzia di memorabilia e materiale più o meno raro della band, ma si tratta di un’esposizione audio-visiva di alto livello che colloca il materiale esposto all’interno di un percorso pensato secondo l’idea che i quattro artisti hanno di sé, della propria immagine e del mondo che li circonda.

Il materiale esposto è fatto di un universo di immagini, suoni e rappresentazioni, in una parola di un’estetica che era il messaggio convulso e provocatore dei CCCP. Un’estetica che diventava, attraverso la performance e il gesto, contestazione dei valori che si stavano affermando, a cavallo tra la fine di un’epoca tetra come gli anni 70 e l’inizio di quel disimpegno lungo tutti gli anni 80 che si concluse con la caduta del muro di Berlino e la conseguente fine dell’esperienza CCCP. Sono una band fortemente collocata nella loro epoca, eppure ieri come oggi, è il segno CCCP, il loro universo estetico che si fa messaggio restando attuale, disturbante, crudo, ora come allora.

Quello dei CCCP non era punk tanto nel suono, perché la musica era il mezzo mentre la performance era il fine. Gesto, estetica e messaggio dei CCCP erano e restano punk perché si tratta del trucco più sincero che ci sia. Il punk è la più grande truffa del rock’n’roll che attraverso la propria maschera mette a nudo tutte le maschere di una realtà che si rivela per quello che è: una unica, pericolosissima truffa. La mostra mette in scena il loro universo contradditorio, fatto di un’identità forte, di un suono e di una poetica coraggiosa e di un’iconografia filosovietica provocatoria, lo fa attraverso un’esperienza ricca di materiale che non solo aderisce perfettamente, ma prende anche forza dai Chiostri di San Pietro grazie al loro mix di armonie rinascimentali e aree decadenti usate come spazi post-industriali.

I CCCP furono un’esperienza poco collocabile rispetto agli schieramenti che tracciavano linee nette di pensiero nel nostro paese, la mostra ha il merito di archiviare il passato riportandolo in vita e di restituirci quattro artisti che ancora oggi si occupano principalmente di fare bene ciò che gli compete: fare arte.
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