MILANO – «Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata». A parlare è la voce narrante di Favolacce, il secondo lungometraggio dei Fratelli D’Innocenzo, mentre in sottofondo risuona Passacaglia della vita nella versione di Rosemary Standley e Dom La Nena. Due elementi da usare come coordinate per decifrare atmosfere e toni del nuovo film dei fratelli di Tor Bella Monaca che tornano a Berlino, questa volta in Concorso, dopo il debutto del 2018 con La terra dell’abbastanza. Due anni in cui hanno collaborato con Matteo Garrone per la sceneggiatura di Dogman, partecipato al workshop del Sundance con Paul Thomas Anderson, pubblicato un libro di poesie, Mia madre è un’arma, e uno di fotografie, Farmacia notturna. Eccoli ora alle prese con una fiaba oscura – tra i protagonisti Elio Germano e Barbara Chicchiarelli – ambientata in una zona residenziale della periferia di Roma Sud in cui indagano, attraverso una comunità di famiglie, la disperazione e la rabbia pronte ad esplodere.
IL FILM «È difficile trovare parole sufficientemente efficaci per descrivere i temi che volevamo affrontare nel nostro secondo progetto. Anche per questo abbiamo scelto il medium dell’audiovisivo per raccontare questa storia invece di fare affidamento solo sulla scrittura. La scrittura è troppo precisa e inequivocabile. Non era abbastanza per questa storia. C’è molto silenzio nel nostro film e quando i personaggi parlano, paradossalmente, possono comunicare di meno».
IL NIDO «Disagio, solitudine e apprensione trovano in questa storia il loro locus primario all’interno delle famiglie. La casa – quello che era considerato un nido, anche se forse teneramente limitante – è ora il nesso di intolleranza, freddezza e ansia. È sufficiente prendere in considerazione le statistiche degli omicidi domestici per realizzare che questa è spesso la realtà».
LE FAMIGLIE «Volevamo investigare l’interruzione della comunicazione in queste famiglie, immerse nell’immobilità di sterili routine, dove forse solo le tragedie hanno la capacità di scuotere le situazioni. Famiglie normali in cui tutti posso riconoscersi senza la scusa di essere “marginali” o della distanza rassicurane delle borghesia. Un’antologia di Spoon River per il nuovo millennio, che parla sia dei sobborghi americani che dello stato sociale dell’Europa».
LA FIABA «Crediamo che la nostra storia comunichi davvero un senso palpabile di sofferenza. Non la racconta semplicemente, la incarna. In una forma ancestrale potente, la metafora per eccellenza: la favola. Il nostro film è una fiaba nera che si riallaccia ai peggiori aspetti di una forma di Capitalismo che non ci appartiene per cultura o tradizione, ma che, come cittadini (di provincia) del mondo, in qualche modo sentiamo di meritare. Una storia complessa che combina una sorprendente e sprezzante messa in scena, lontana dal realismo del nostro precedente film, trasfigurando il presente in un linguaggio cinematografico senza tempo».
IL SOGNO INFRANTO «Sentiamo che questa storia sarebbe potuta emergere dalle pagine di Updike, Vonnegut, Yates, Ibsen – o più semplicemente, dalle opere dei fratelli Grimm, a partire dal titolo. Un mondo di sensazioni, colori brillanti e odori; anche se a distanza, tutto sta bruciando. E, come in ogni fiaba che si rispetti, c’è un narratore che racconta gli eventi. Un narratore beffardo a cui piace scombinare le carte, leggere ambiguità nei gesti più semplice o rendere normale l’inumano. Ogni film è un sogno, dopotutto. Il sogno infranto di una generazione di giovani uomini e donne che immaginavano il futuro con un senso di speranza che ha dimostrato essere vano. E i loro figli che non vogliono avvicinarsi al loro futuro».
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Qui potete vedere il trailer di Favolacce:
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