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Don’t Look Up | DiCaprio, Jennifer Lawrence e il mondo spacciato di Adam McKay

Amaro, brillante, sconvolgente, folgorante. Prima in sala e poi dal 24 dicembre su Netflix. Non perdetelo

Jennifer Lawrence e Leonardo DiCaprio in Don't Look Up
Jennifer Lawrence e Leonardo DiCaprio in Don't Look Up

ROMA – “Non guardare in alto”, ovvero non credere alla verità. Escogita un sotterfugio, un inganno per eludere la realtà, perché non è quella che vogliono farti credere. In fondo è tutto un gioco politico, una messa in scena. Dicono. “Non guardare in alto”. Don’t look up, come dimostrano gli hashtag su Twitter, a poche ore dal definitivo disastro. Eppure, non guardare in alto è impossibile: troppo affascinate e troppo schifosa quella cometa che – metaforicamente – rappresenta la fine dell’umanità schiacciata sotto il peso di un manipolo di idioti, arroganti e spregiudicati nella loro sete di potere. In fondo, “Nessuno può salvarti se non tu stesso. Sarai continuamente messo in situazioni praticamente impossibili”, scriveva Charles Bukowski. E così il genio di Adam McKay mette in scena un’agghiacciante e brillante satira politica, sociale, umana. Lanciando così lo stesso messaggio di Bukowski: “scommetti sulla tua vita mentre combatti, fottitene dei pronostici, fottitene del prezzo”.

Jennifer Lawrance è Kate Dibiasky, Leonardo DiCaprio è Randall Mindy
Jennifer Lawrance è Kate Dibiasky, Leonardo DiCaprio è Randall Mindy

Anche se quel prezzo, aggiungiamo noi, prevede una presa di coscienza che dovrebbe – condizionale è d’obbligo – salvare il pianeta. Già perché, prendendo in prestito (e in pretesto) i paradigmi del cinema fantascientifico, Don’t Look Up di McKay (in alcune sale selezionate l’8 dicembre e poi su Netflix dal 24) racconta la storia dell’astronoma Kate Dibiasky e del professor Randall Mindy, interpretati da Jennifer Lawrence e da Leonardo DiCaprio (pazzesco, è alla sua miglior prova) che scoprono una cometa in rotta di collisione con la Terra. I calcoli sono esatti, la velocità del corpo celeste è inesorabile e l’estinzione è certa. Ma, nonostante questo, sembra impossibile convincere il Presidente USA Orlean (Meryl Streep, anch’essa perfetta) che il rischio sia concreto. Meglio spaccare l’opinione pubblica, meglio far diventare l’apocalisse una mera questione ideologica e politica.

Cate Blanchett, Tyler Perry, Leonardo DiCaprio, Jennifer Larwrence in Don't Look Up
Cate Blanchett, Tyler Perry, Leonardo DiCaprio, Jennifer Larwrence in Don’t Look Up

E gli scienziati? Carne da macello, perfetti per il prime-time televisivo, cavalcando una notorietà inaspettata, noiosa e ingestibile. Cosa vi ricorda? Esatto. Ma no, la situazione epidemica con Don’t Look Up è solo un rumore di fondo, perché la scrittura di McKay vuole farsi discorso più ampio e generale, a cominciare da quella Crisi Climatica che qui prende la forma di un’enorme meteorite. Il tempo ci sarebbe per deviarne la rotta, ma alla Casa Bianca sono più impegnati a dissipare gli scandali e le assurdità di un esecutivo che richiama frasi, dinamiche e svolte dell’Amministrazione Trump. La Orlean della Streep, che recita costantemente e perfettamente sopra le corde, è l’equivalente femminile di The Donald, con tanto di conferenze stampa in diretta da una porta aerei.

Meryl Streep è il Presidente USA Janie Orlean in Don't Look Up
Meryl Streep è il Presidente USA Janie Orlean in Don’t Look Up

Lo Studio Ovale è un circo, minimizza l’imminente catastrofe, si fa gioco della scienza e viene tenuto in scacco da una multinazionale informatica che vorrebbe arricchirsi con i dati degli utenti e con la meteora stessa. Quindi, come Trump con gli Accordi di Parigi, la Streep di Don’t Look Up con il Giorno del Giudizio. In mezzo, un mondo crepato e dilaniato, ossessionato dai social e dai complotti. Un mondo che per McKay diventa materia pregiata per quelle sferzate di umorismo che amplificano ancora di più l’assurdità della situazione, in uno dei film più complessi e stratificati degli ultimi anni, nonché uno dei migliori distribuiti da Netflix. Ed è incredibile quanto la poetica di McKay sia cambiata nettamente dallo scanzonato esordio del 2004 con Anchorman. Prima la crisi economica, poi il ritratto di Dick Cheney, ora una profonda e sconcertante disanima sull’incomunicabilità, sulla sovraesposizione mediatica, sulle derive populiste di un mondo nevrotico, umorale, rovinato.

Don't Look up
Jonah Hill, DiCaprio, Meryl Streep, Jennifer Lawrence

Magnificamente cinematografico e minuziosamente scritto, il film di McKay in due ore abbondati si fa parodia e si fa critica, si fa dramma e incubo assoluto, mischiando le risate alla paura, l’estetica alla sostanza, le interpretazioni incredibili (e vanno citati anche Jonah Hill, Cate Blanchett, Rob Morgan, Mark Rylance, Ron Perlman, Timothée Chalamet) ad un estro narrativo che diventa quel cinema delle attrazioni teorizzato da Ėjzenštejn. Una parola e un’immagine, dunque, che si inseguono freneticamente in un’opera che non lascia scampo, e diventa lo specchio di una contemporaneità oscura e irrimediabilmente spacciata. Adam McKay, che è tra gli autori più geniali, innovativi ed estrosi di Hollywood, l’ha capito, e allora tra amarezza, irriverenza e disillusione, ha mostrato l’orrore di un futuro che, statene certi, è già arrivato. “It’s the end of the world as we know, it and I feel fine…”.

 

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Qui il trailer di Don’t Look Up:

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