ROMA – Un italiano dell’Ohio e un ebreo del New Jersey, nel mezzo dieci anni di differenza. Prima di incontrarsi, Dean Martin e Jerry Lewis sembravano destinati a carriere diverse. Uno come mediocre, ma fascinoso cantante di nightclub, l’altro mimando dischi agghindato come Carmen Miranda («Il mio spettacolo – siete pronti a sentirlo? – era questo: io salivo sul palco e facevo facce buffe mentre le labbra andavano in sincronia coi pezzi suonati dal fonografo»). Poi l’incontro che cambiò per sempre le loro (e le nostre) vite: Martin e Lewis che liberarono per sempre l’America del Secondo Dopoguerra dalle scorie del Codice Hays annegandole tra le risate. Ecco, Dean & Me – Una storia d’amore è esattamente questo, un viaggio nel tempo tra le pieghe di una delle amicizie più preziose e irripetibili della storia del cinema.

E lo sanno bene i curatori di Sagoma Editore pronti a rilanciare il 2 marzo Dean & Me alla sua quinta edizione dopo la prima datata 2010, per uno dei più imprescindibili libri di cinema. Jerry Lewis – coadiuvato dal giornalista, sceneggiatore e biografo James Kaplan – che racconta sé stesso e l’amicizia con Dean Martin non risparmiandosi per un attimo. Il suo è uno stile di prosa entusiasmante e avvolgente, pronto a catapultare il lettore tra nightclub, camere d’albergo e set attraverso parole pesate e dosate che arrivano al cuore. Perché c’è sincerità nelle parole di Lewis, come nella schiettezza con cui racconta come vennero etichettati dai media: «Noi saltammo fuori dal nulla. Nessuno si aspettava niente che fosse come Martin e Lewis. Un tizio di bell’aspetto e una scimmia: ecco come ci vedeva certa gente».

O nel modo in cui Lewis commenta il sorriso che gli fece Martin in occasione del loro primo incontro nel lontano 1944 al Glass Hat Club di New York: «Ti inondava della sua luce, anche se non ti lasciava entrare. Agli uomini non piace ammetterlo, ma un uomo che sia veramente tale – un cosiddetto uomo perfetto – ha qualcosa che lo rende magnetico tanto per noi quanto per le donne» che tradiscono un misto di sentimenti romantici e di devozione che sembrano quasi indicarci il senso dietro il titolo completo Dean & Me, perché in fondo è di una storia d’amore (fraterno) che parliamo, è questa la ratio letteraria dietro al racconto autobiografico di Lewis così come è questo l’andamento del rapporto tra Martin e Lewis.

Un sodalizio decennale che vide Martin e Lewis protagonisti di una serie radiofonica su NBC (The Martin and Lewis Show), apparizioni televisive delle più disparate, perfino di una serie a fumetti DC Comics (The Adventures of Dean Martin and Jerry Lewis) sino al cinema con l’executive Hal Wallis della Paramount Pictures che fece carte false pur di averli e di cui produsse sedici film dal 1949 de La mia amica Irma al 1956 di Hollywood o morte! di purissima comicità brillante da vaudeville. Un autentico fenomeno mediatico Martin e Lewis, degno di una rivoluzione copernicana: «In un’epoca di auto-realizzazione freudiana, noi fummo l’esplosione dell’Es dello show-business». Non solo risate tra le maglie letterarie di Dean & Me comunque, ma anche rammarico e dolore.

Come le insinuazioni dei periodici secondo cui Martin fosse null’altro che una marionetta nelle mani del genio Lewis («Per anni Dean aveva dovuto sopportare i Bosley Crowther del mondo, ascoltare Jerry di qua e Jerry di là, sorridere e tollerare tutte le stronzate su quanto io fossi un genio. La stampa ignorava del tutto il fatto che il genio fosse Dean. E molti dei critici non si limitavano a ignorarne il talento, ma sminuivano e umiliavano la persona»), l’ultima volta in scena come duo nel lontano 24 luglio 1956 («Credo che entrambi fossimo quasi del tutto consapevoli di quanto stava succedendo. È solo che avevamo paura, e non volevamo che si sapesse»), o la commuovente reunion a quel Telethon ’76 su intercessione di Frank Sinatra.

Non ultimo gli effetti del Percodan sulla sua salute precaria che gli annebbiò la mente tanto da rimuovere del tutto decenni di ricordi di Telethon e partecipazioni TV, ma soprattutto la confessione a cuore aperto sul triste destino di The Day the Clown Cried, uno dei film incompiuti più chiacchierati: «Feci un film serio sull’Olocausto e ci rimisi due milioni di dollari di tasca mia quando il produttore abbandonò la città, lasciandomi impossibilitato a finire la post-produzione. Il film non uscì mai. Fu come perdere un figlio». Insomma, una di quelle storie di cinema da cardiopalma che vale da sola il prezzo della lettura. L’ennesimo punto a favore di un Dean & Me da cui difficilmente riuscirete a separarvi una volta iniziato a leggere. Un tomo imprescindibile per qualunque appassionato di buon cinema e dei racconti veri e sinceri.
- IL LIBRO | Dove potete trovare Dean & Me? QUI
- STORIE | Immaginare prima, Dante Ferretti si racconta in un libro
Qui sotto potete vedere una featurette targata Jerry Lewis:
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