ROMA – Inghilterra, anni Venti. Quando Edith Swan (Olivia Colman), profondamente conservatrice, e gli altri residenti, iniziano a ricevere lettere piene di parolacce e involontariamente esilaranti, la turbolenta migrante irlandese Rose Gooding (Jessie Buckley) viene accusata del crimine. Le lettere anonime suscitano scalpore a livello nazionale e ne consegue un processo. Tuttavia, quando le donne della città, guidate dall’agente di polizia Gladys Moss (Anjana Vasan), iniziano a indagare sul crimine, sospettano che qualcosa non va e che Rose potrebbe non essere la colpevole. Ispirato a una storia realmente accaduta dalle parti di Littlehampton, Cattiverie a domicilio, di Thea Sharrock, è ora al cinema grazie a BiM Distribuzione in collaborazione con Lucky Red.

Un soggetto decisamente atipico, ma non del tutto originale. Ancor prima di Cattiverie a domicilio, nel 1943, Henri-Georges Clouzot raccontò di paesini e lettere anonime ne Il Corvo. Un noir denso, ritenuto dalla stampa comunista dell’epoca come il colpo di grazia finale inferto al popolo francese dal regime nazista, ispirato a sua volta (anche lui) da alcuni fatti realmente accaduti nel 1917, a Tulle. Uno scrittore anonimo che si firmava come L’occhio della Tigre (L’oeil de Tigre in v.o.) denunciava nelle sue lettere operazioni finanziarie nascoste dalla giunta comunale e da altri imprenditori del posto. Clouzot spostò il focus nel suo Il Corvo sui vizi degli uomini di Saint-Robin tra relazioni adultere, aborti illegali e segreti medici.

Nulla di tutto questo, però, riguarda Cattiverie a domicilio, non c’è alcun atto di denuncia nella narrazione della Sharrock, né tantomeno verità inespresse: solo insulti, parolacce e alcuni dei turpiloqui più sboccati e divertenti mai apparsi al cinema tra vendette epistolari, rabbia repressa, british humor e valori familiari, ma soprattutto emancipazione femminile. Quella di Edith, eterna zitella costretta a vivere all’ombra del padre padrone Edward (un subdolo Timothy Spall), di Rose – suo opposto caratteriale – in cerca di giustizia e di equilibrio per lei e Nancy (Alisha Weir) e di Gladys, nell’autoaffermazione in divisa in un’epoca dove far parte delle forze dell’ordine era una faccenda per soli uomini, o quasi.

Sullo sfondo una dramedy (dis)equilibrata e contaminata di elementi gialli da atipico Whodounit che si sviluppa sottotraccia tra cambi di tono, umore e sapore scenico, ma che per la Sharrock è null’altro che lo strumento per giocare con le sue straordinarie interpreti. Da una parte la Colman che cresce in sottrazione per poi aprirsi in tutta la sua essenza, dall’altra un’esagerata ed esplosiva Buckley che della narrazione è forza trainante e cambio di passo. Nel mezzo, Cattiverie a domicilio, una dramedy misurata, intelligente, intrigante e divertente di cui non potrete più fare a meno.
- HOT CORN TV | Cattiverie a domicilio, una clip del film
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