MILANO – È una storia che conosciamo tutti, anche fin troppo bene. Sarebbe persino difficile fare un conteggio tra i film e i romanzi che raccontano di uno dei periodi più bui della Storia, la Shoah. Quello che però viene raccontato meno è quello che successe dopo, quando la Seconda Guerra Mondiale finì e tutti, ebrei in primis, dovettero fare i conti con quello che era accaduto. È quello che ha fatto il regista belga Sam Garbarski con il suo Bye Bye Germany, titolo alternativo: Es war einmal in Deutschland. La storia, che è tratta dai romanzi Die Teilacher e Machloikes dello scrittore svizzero-tedesco Michel Bergmann, si concentra proprio sul periodo immediatamente dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1946.
È l’epopea del popolo ebraico che, sopravvissuto allo sterminio e ai campi di concentramento, deve riprendere in mano la propria vita e andare avanti. Ma come? Seguiamo allora la storia, a Francoforte, di un gruppo di famiglie che tentano di tornare a una parvenza di quotidianità. I figli, guidati da David (Moritz Bleibtreu), si danno da fare per ridare vita all’attività di famiglia, vendendo biancheria intima, per mettere da parte una cifra consistente di denaro. L’obiettivo, comune a quello della maggior parte degli ebrei in quel momento, era lasciare la Germania e mettersi in viaggio, fondamentalmente verso due direzioni opposte. C’era chi voleva raggiungere gli Stati Uniti, e da lì ricostruire da capo un futuro, e chi invece voleva tornare in Palestina, e ritrovare le proprie radici.
E sono ispirate a fatti veramente accaduti anche le vicende della piccola banda di venditori di Francoforte che, tra stratagemmi e trovate fantasiose, tentato in tutti i modi di diventare dei maghi delle vendite, come quando convincono i clienti a comprare la loro biancheria facendola passare come stoffa raffinata da Parigi. La storia è tuttavia tremendamente emblema della realtà. Bergmann prima, e Garbarski poi, hanno posto l’accento su una versione che spesso viene dimenticata o lasciata in disparte. Una vicenda piccola come quella di una famiglia che sogna di andare Oltreoceano diventa così il simbolo di un popolo costretto ad abbandonare quella che fino a pochi anni prima avevano considerato una patria, dovendo anche fare i conti con i traumatici ricordi della carneficina che si era consumata su quel suolo e di cui essi stessi erano stati il bersaglio.
Ma non solo. Perché con Bye Bye Germany – che troviamo oggi in streaming su Tim Vision e Prime Video – scopriamo anche che, in realtà, ci furono invece degli ebrei che, nonostante tutto, decisero di restare in Germania. Si trattava di poche migliaia, ma comunque si rifiutarono di partire e scelsero (inspiegabilmente? Questa è un’altra storia) di rimanere. Insomma, Michel Bergmann non ha raccontato la storia dell’Olocausto ma quella di una ripartenza, un termine che oggi conosciamo così bene e che eppure forse non abbiamo mai associato con quel periodo, o forse non ci abbiamo mai pensato. In ogni caso, come sempre, è bene ricordare. Sempre.
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