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Brigitte Bardot Forever | Lech Majewski e il cinema come evasione dalla realtà

I Beatles, Brando, Bardot e un adolescente alla ricerca del padre. Al cinema dal 18 aprile

Joanna Opozda in una scena di Brigitte Bardot Forever di Lech Majewski, al cinema dal 18 aprile con CG Entertainment
Joanna Opozda in una scena di Brigitte Bardot Forever di Lech Majewski, al cinema dal 18 aprile con CG Entertainment

ROMA – Metà del XX secolo nella Polonia comunista. L’adolescente Adam (Kacper Olszewski) vive con la madre (Magdalena Rózczka) e attende da sempre il ritorno del padre, disperso dopo la Seconda guerra mondiale. Quando la polizia segreta irrompe nella sua abitazione e tormenta la madre, Adam si rifugia in un cinema che proietta Il disprezzo di Godard e si ritrova catapultato nelle stanze private di Brigitte Bardot (Joanna Opozda). Il misterioso hotel è abitato da affascinanti personaggi sia di fantasia sia reali. Adam si ritrova così accompagnato da Marlon Brando, Elizabeth Taylor/Cleopatra (Weronica Rosati), Cézanne, Roger Moore/Simon Templar (Piotr Pacek) e i Beatles nella ricerca di suo padre misteriosamente scomparso. Parte da qui Brigitte Bardot Forever, un film di Lech Majewski, dal 18 aprile al cinema con CG Entertainment.

Joanna Opozda in una scena di Brigitte Bardot Forever
Joanna Opozda in una scena di Brigitte Bardot Forever

Un’opera, si può ben dire, personalissima per Majewski, e non solo perché adattamento del suo più famoso (e quasi omonimo) romanzo, Brigitte Bardot the Wonderful, ma anche perché in esso confluiscono i ricordi della sua infanzia e della sua giovinezza, e tutto ciò che la Polonia significava per lui: libertà, speranza e vita. A partire dall’opposizione ferrea e la lotta continua verso la presenza russa in territorio polacco. Componente che di Brigitte Bardot Forever è il filo conduttore, lasciata scorrere sottotraccia lungo tutta la narrazione, legandola a doppio filo diretto con il testo familiare di perdita, ricerca e sopravvivenza. Majewski la fa vivere in (dis)equilibrio tra realtà e finzione, suggestione e sogno, sino a crescere in un continuo e imprevedibile gioco di specchi tra Gilliam (Brazil) e Fellini ().

Kacper Olszewski e Weronica Rosati in una scena del film
Kacper Olszewski e Weronica Rosati in una scena del film

In quella sottile linea di confine, Brigitte Bardot Forever va ad annodarsi di citazione in omaggio (quello a Hud Il Selvaggio è bellissimo nda), sino a distaccarsi completamente dalla realtà storica per entrare in quella immaginifica. Una scelta narrativa che se da una parte sembra quasi privare il racconto di un sapore solo altrimenti secondario, dall’altra lo arricchisce di un’acuta e allegorica riflessione sull’arte e il suo potere taumaturgico e del cinema come evasione. Una porta attraverso cui entrare in un mondo fantastico in cui potersi rifugiare, pur di non dover affrontare ancora il dolore di una vita altrimenti impossibile da vivere.

 

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