ROMA – Lilith? Chi è Lilith? Ecco, Borderlands racconta appunto di lei, Lilith, una famigerata cacciatrice di taglie dal passato misterioso, costretta a tornare, a malincuore, su Pandora, il suo pianeta natale che è il più caotico della galassia. La sua missione è trovare la figlia scomparsa del magnate Atlas. Lilith stringerà un’alleanza con un’improbabile squadra di reietti: Roland (Kevin Hart), un mercenario esperto, Tiny Tina (Ariana Greenblatt), un’adolescente amante degli esplosivi e il suo muscoloso protettore Krieg (Florian Munteanu), la scienziata Tannis (Jamie Lee Curtis) e infine Claptrap (Jack Black), un robottino logorroico e saccente. Insieme, questi strampalati eroi dovranno sconfiggere una specie aliena, pericolosi banditi e scopriranno uno dei segreti più incredibili di Pandora.
Parte da qui il viaggio del nuovo film di Eli Roth a un anno di distanza da Thanksgiving (ve l’avevamo raccontato qui), ora al cinema con Eagle Pictures. Un progetto a lungo rincorso e molto chiacchierato quello dell’adattamento della saga videoludica ideata da Gearbox Software nell’oramai lontano 2009. Dal 2015 per la precisione, ovvero da quando la saga di Borderlands era arrivata al terzo capitolo prequel-sequel del capitolo originale (Borderlands: The Pre-Sequel) con Leigh Whannell (Upgrade, La donna invisibile) in trattative con la Lionsgate per scrivere e dirigere un adattamento cinematografico. Adattamento annunciato poi nell’estate dello stesso anno con Ari e Avi Arad della Arad Productions come executives e lo sceneggiatore Aaron Berg allo script.
Nessuna traccia di Whannell però. Nel comunicato ufficiale la Arad Productions non indicò il nome del regista. Un cantiere aperto, insomma, quello di Borderlands, che iniziò la pre-produzione senza nemmeno una guida registica al comando. Da qui ebbe inizio un development-hell da antologia con uno script che passò, di draft in draft, nelle mani di Oren Uziel, Sam Levinson (che avrebbe dovuto anche dirigerlo nda), Tony Rettenmaier, Juel Taylor, Zak Olkewicz e Chris Bremner nei successivi quattro anni. A un certo punto si fece perfino il nome di Craig Mazin, poi in team con Neil Druckmann per dare forma su carta a quel gioiello seriale di The Last of Us tratto dall’omonima saga videoludica di Naughty Dog.
Quindi Roth, annunciato alla regia in piena emergenza pandemica nel febbraio 2020, con Joe Crombie firmatario dello script e il co-produttore Erik Feig alle riscritture. E con Roth alla regia torna davanti la cinepresa la strana (ma formidabile) coppia Cate Blanchett-Jack Black a sei anni di distanza da quel gioiellino dalle atmosfere da Halloween disneyano de Il Mistero della Casa del Tempo. Su Pandora, però, cambia tutto. Roth costruisce un Borderlands come coloratissima fiaba per adulti sul potere del destino tra caso calcolato e volere profetico universale dal world-building immersivo, improntata sulla scia del successo Marvel della saga dei Volumi dei Guardiani della Galassia di James Gunn. E quindi musica pop, umorismo e caratterizzazioni (molto) colorite.
Non è tutto oro quel luccica, però, nel mondo narrativo di Roth. A partire dalla CGI, fumettosa ma in certi punti un po’ posticcia, una linea comica mai davvero radicata e qualche scelta di casting che ai puristi di Borderlands farà storcere il naso (Hart su tutti). Non è un adattamento fedele quello di Roth, ma poco importa. È un film di grande cuore arricchito da una Blanchett attrice assoluta a qualsiasi livello e registro filmico nonché da una Greenblatt a cui Roth potrebbe aver regalato il primo, vero e iconico ruolo della sua giovane e fin qui molto interessante carriera. Forse non è un grandissimo film Borderlands, ma sicuramente destinato a lasciare il segno come formidabile instant-cult.
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