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Bohemian Rhapsody | Freddie Mercury, Rami Malek e la storia vera dietro al film da record

Quattro Oscar e oltre novecento milioni di dollari per il biopic sui Queen scritto da Anthony McCarten

Bohemian Rhapsody
Bohemian Rhapsody

MILANO – Trent’anni fa ci lasciava Freddie Mercury, l’iconico frontman dei Queen, ma non per questo da allora la fama del gruppo accenna ad affievolirsi, anzi guadagna sempre più accoliti. Sarà stato forse complice Bohemian Rhapsody, ad oggi il biopic musicale di maggior successo della storia del cinema, vincitore di ben quattro premi Oscar nel 2019? Se così è stato ben venga, perché è un piacere per noi di Hot Corn poter celebrare i Queen. Ma chi sono stati veramente e perché sono così fondamentali nel panorama musicale? Ripercorriamo insieme la loro storia. È il 1970 e in un locale notturno si esibiscono gli Smile: il chitarrista si chiama Brian May e il batterista Roger Taylor. Caso vuole che quella sera tra il pubblico ci sia Farrokh Bulsara (presto cambierà il suo nome in Freddie Mercury) e che il cantante degli Smile Tim Staffell decida di lasciare il gruppo.

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Rami Malek è il Freddie Mercury cinematografico.

È l’occasione che Farrokh stava aspettando: in poco tempo è lui il nuovo frontman della band che, con l’acquisto di John Deacon al basso, dà inizio alla leggenda dei Queen. I quattro artisti hanno inclinazioni musicali molto diverse: si spazia dal rock progressivo all’opera e al canto lirico, ma tutti quanti hanno qualcosa da dire e scrivono i loro brani per il gruppo. Proprio l’eclettismo e la varietà decreteranno la fortuna dei Queen e la loro unicità negli anni a venire. Nel 1973 Queen, il loro primo album, viene registrato in condizioni precarie, quando artisti più noti rinunciano alle loro sessioni di registrazione o durante la notte: agli occhi del pubblico che inizia a conoscerli sono una band heavy rock. L’anno dopo è il turno di Queen II e Sheer Heart Attack: con quest’ultimo raggiungono la seconda posizione in Inghilterra e inizia la favola del successo.

Contrariamente ad ogni logica discografica, per l’album successivo la band decide di provare qualcosa di rivoluzionario: nel 1975 esce A night at the Opera, che al suo interno contiene proprio Bohemian Rhapsody, l’inno che dà il titolo al film di grande successo. La canzone susciterà dissapori discografici e cambiamenti nel management, ma soprattutto renderà viva la consapevolezza che un autentico fenomeno musicale sia nato. Tanto inaspettato era il brano con svariati registri al suo interno e una durata monstre di sei minuti, quanto inaspettato fu il successo che ne derivò: aver rischiato così tanto aveva avuto la meglio! Continueranno a farlo l’anno successivo con l’album A Day at the Races che spiazza con un brano dalle tinte quasi gospel: il pezzo si chiama Somebody to love.

Gwilym Lee nei panni di Brian May con Rami Malek alias Freddie Mercury in una scena del film. Photo: Alex Bailey.

Nel frattempo, non son tempi facilissimi perché la vibrante scena musicale inglese vede avanzare con sempre più prepotenza il punk, ma i Queen restano a galla sfoderando in News of the World due hit indimenticabili che li incasellano nell’olimpo dei grandi gruppi pop rock: si tratta di We will rock you e We are the Champions. Nel 1978 si rivelano ancora più eclettici in Jazz che contiene Don’t stop me now, ma è con The Game del 1980 che conquistano definitivamente il successo negli Stati Uniti: con le epiche Another One Bites the Dust e Crazy Little Thing called Love le sonorità dei Queen migrano addirittura verso il rock and roll e il funk. Con il successo però arrivano anche le tensioni: la condotta spesso al limite di Freddie Mercury non viene vista di buon occhio dalla stampa che, in occasione della promozione di Hot Space, l’album del 1982, sembra solo interessata alle personali vicissitudini del cantante, piuttosto che al percorso artistico del gruppo.

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Rami Malek sul set durante le riprese del Live Aid.

Va comunque detto che l’album in generale disattende le aspettative degli appassionati per la mancanza di radici: i Queen che abbracciano la musica dance non convincono. Questo passo falso, tuttavia, viene presto perdonato: nel 1984 esce The Works con al suo interno Radio Ga Ga e I want to break free, celebrato come il grande ritorno della band. Nuovamente non mancano le polemiche soprattutto per il video musicale del secondo brano in cui i membri del gruppo son vestiti da donne, ma soprattutto si acuiscono le tensioni intestine perché Freddie ha accettato una cifra esorbitante per incidere due album da solista.

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Un momento di Bohemian Rhapsody

L’allontanamento non durerà fortunatamente troppo a lungo, perché un grande evento si presenta all’orizzonte: l’esibizione per il Live Aid, il più grande evento musicale della storia, che avrà luogo al Wembley Stadium di Londra. Il resto è storia. Nessuna esibizione di quella giornata memorabile rimarrà nella mente di ognuno quanto quella dei Queen e di un Freddie Mercury in stato di grazia. Quell’11 luglio del 1985, i Queen vincono tutti insieme come live band, facendo a tutti noi un regalo di cui siamo loro ancora molto grati. Sappiamo purtroppo molto bene che il mostro dell’AIDS di lì a sei anni mieterà tra le sue vittime anche lo straordinario frontman ma, come lui stesso canterà in Innuendo, la parabola dei Queen non potrà finire presto: the show must go on. Come dimostra proprio il successo stratosferico (e inaspettato) del film con Rami Malek.

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