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Berenice Bejo: «L’Homme de la Cave, il negazionismo e un film che fa riflettere»

Abbiamo intervistato l’attrice in occasione del France Odeon — Festival del Cinema Francese

Francois Cluzet e Berenice Bejo
Francois Cluzet e Berenice Bejo

FIRENZE – François Truffaut guardava alle attrici e agli attori come fossero angeli. E forse aveva ragione. Come testimonia la semplicità, l’intelligenza e la bellezza di Berenice Bejo, che abbiamo intervistato in occasione de L’homme de la cave di Philippe Le Guay, presentato al France Odeon Festival del Cinema Francese di Firenze. La storia? Racconta di una cantina, luogo non luogo, antro segreto nel bel mezzo di un condominio, nonché spazio che diventa infernale per i sentimenti e le idee di un uomo interpretato da Francois Cluzet, che acquista lo spazio da Simon (Jeremie Renier) e da Hélène Sandberg (Berenice Bejo). Così con Berenice, disponibile e gentile, abbiamo parlato dell’importanza dei temi trattati, dal negazionismo al problema dell’antisemitismo nella sua forma contemporanea, subdola e pericolosa.

Come ha affrontato il suo personaggio? Nel film deve lottare per arginare il male che tocca la sua famiglia.

Io e Philippe abbiamo lavorato insieme, abbiamo costruito insieme il personaggio, perché non corresse il rischio di essere passivo, di essere spettatore della vicenda. E credo che siamo riusciti a far lottare il personaggio per la sua famiglia, perché non venga trascinata dal male cui è venuta in contatto.

Simon (Jeremie Renier) e da Hélène Sandberg (Berenice Bejo)
Simon (Jeremie Renier) e da Hélène Sandberg (Berenice Bejo)

Il negazionismo, l’estremismo sono problemi che toccano anche la sua vita?

Certamente. Nel mio stesso condominio mi confronto ogni giorno con fascisti, e quando mio figlio colpisce con la palla la loro porta e protestano, la rabbia e l’aggressività mi impediscono di far finta di niente e finisco per litigarci. Poi dico a mio figlio di non agire così. Che è necessario essere indifferenti. Quello che provo e faccio non è educativo ma non posso trattenermi.

Pensa che il tema possa colpire gli spettatori e possa farli riflettere?

Credo che il film sia importante per quello che vuole trasmettere e certamente non è facile affrontare un argomento come il negazionismo in un momento delicato come quello del post pandemia. Spero che possa essere capito e compreso ugualmente.

Una scena del film

Quale è il suo rapporto con la critica e con il successo? C’è un autore con cui vorrebbe lavorare?

Sinceramente non capisco come un critico possa stroncare duramente e volgarmente un film, cui mediamente un autore si occupa per due anni. Terribile e incomprensibile. Il successo mondiale di The Artist mi ha donato popolarità e la possibilità di lavorare con tanti registi, non desidero fare dei nomi di autori con cui vorrei lavorare perché significherebbe non aprirmi ma chiudermi a altre possibilità.

E il cinema italiano?

Mio padre da vero cinefilo mi ha fatto vedere fin da piccola molti film italiani, ma devo dire che li ho apprezzati maggiormente da adulta quando li ho visti senza doppiaggio. Comprendo bene l’italiano, lo parlo meno, ma piano piano…

Qual è il suo prossimo film in uscita?

Un film sugli zombi diretto da mio marito Michel Hazanavicius, una pazza lettera d’amore al cinema che spero il pubblico apprezzerà nei suoi diversi livelli di lettura.

 

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