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Barbie | Margot Robbie, lo specchio di Greta Gerwig e quel blockbuster indipendente…

Gosling, Mirren, Robbie, la storia, la società e i messaggi: ma perché Barbie è un film importante?

Barbie
Barbie o Tonya Harding? Le molte facce di Margot Robbie.

MILANO – «Sta solo avendo una crisi esistenziale…», dice ad un certo punto di una scena la Barbie Stramba (Kate McKinnon, sempre fenomenale dal Saturday Night Live in poi) indicando la Barbie per antonomasia – ovvero Margot Robbie – che rappresenta proprio lo stereotipo delle Barbie. Ecco, stereotipo è proprio la parola chiave che da sempre attraversa la filmografia di Greta Gerwig, sia quando è davanti che dietro la macchina da presa, come in questo caso. L’autrice e regista si è infatti sempre incaricata di combattere gli stereotipi del cinema e – soprattuto – dei personaggi femminili (ve l’avevamo raccontato qui), da Frances Ha a Lady Bird, passando per Piccole Donne, nel costante tentativo di dare uno scossone in termini narrativi a storie che necessitavano di essere raccontate in maniera diversa non solo per il bene del pubblico, ma – soprattutto – per il bene del cinema (e di Hollywood) e della pluralità di visioni.

Barbie
L’inizio della fine: i piedi piatti di Barbie…

Così, fortunatamente, anche questo nuovo (attesissimo) film dedicato alla bambola della Mattel, Barbie, non è da meno. Ma come si fa a raccontare la storia di una bambola? Qui troviamo Barbie in una mattina perfetta, durante l’ennesimo giorno perfetto, con qualcosa che non va: i suoi piedi piatti e quei ricorrenti pensieri di morte (la morte!) che la attanagliano. Anche Ken (Ryan Gosling) è giù di morale: non riesce a farsi notare da Barbie in mezzo agli altri Ken perché il suo ruolo da spiaggia non sembra abbastanza forte per conquistarla. Così i due per farsi curare intraprenderanno un viaggio da Barbieland al mondo reale. La premessa è assurda? Sì e lo svolgimento lo è altrettanto. Gerwig e Noah Baumbach (regista, sceneggiatore e compagno di vita) non lo nascondono neanche per un secondo. Il loro approccio al racconto è un patto con lo spettatore, ma non vi è alcuna difficoltà nel credere che quello che vediamo succedere possa essere reale, perché scena dopo scena, Barbie diventa uno specchio e racconta il nostro mondo e chi siamo noi dentro la società.

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“Ma me lo dai il numero di Nicolas Winding Refn?” “No”.

Chiaramente Barbie è un film femminista e non vi erano dubbi sarebbe stato questo l’approccio, ma non c’è mai banalità e nemmeno retorica nei personaggi del film e nei messaggi che fa passare. C’è un momento molto bello che riguarda un monologo di America Ferrera che sembra di una semplicità disarmante e in cui si nota tutta la bravura della Gerwig, perché la potenza del film sta nel fatto che i messaggi arrivano non solo dalle bocche dei personaggi femminili, ma anche da quelli maschili e qui Ryan Gosling dà il meglio, divertito, eccentrico, sopra le righe come mai. E Margot Robbie? Una Barbie eccezionale, un’attrice che continua a superarsi in bravura (alla faccia dei pregiudizi da bambola) e che qui racconta con un viso carico di emozioni, tutte le debolezze e le criticità che – purtroppo – possono portare racconti di questo tipo. Gerwig mostra un mondo reale in cui i ruoli sembrano invertirsi e – a volte – a sembrare delle bambole sono le persone. Ma come si affrontano le difficoltà della realtà se non sei una persona vera? Attraverso la risata. Amara, ma pur sempre una risata.

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Margot Robbie a BarbieLand? No, a GerwigLand…

Un altro elemento che contraddistingue Barbie (e generalmente GerwigLand) è che che non  si intende mai velare i problemi del mondo reale da un velo di ipocrisia, ma anzi, i problemi vengono amplificati per poi farceli vedere e approcciare da un’angolatura diversa. E “l’angolatura Gerwig” funziona perché qui dentro sono tutti divertiti, lei per prima e poi il cast: un ensemble eterogeneo e vasto che regala tante sorprese, da Helen Mirren come voce narrante ad un cameo di John Cena come Ken Tritone (ah!). Un film generazionale, un sogno (forse) destinato al successo in tempi difficili, ma sicuramente a diventare un cult. Un racconto colmo di citazioni e omaggi visti da un occhio millennial, da 2001: Odissea nello spazio a Matrix, Il mago di Oz e Pinocchio, che impreziosiscono quello che – alla fine – diventa un ossimoro cinematografico: un blockbuster indipendente…

  • OPINIONI | L’importanza di chiamarsi Greta Gerwig 
  • VIDEO | Qui il trailer di Barbie:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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