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Militant A: «Io, il rap, gli Assalti Frontali e il nostro documentario lungo una vita…»

Prodotto dai Manetti Bros., Una vita all’assalto racconta la storia del gruppo. Dal 1990 a oggi

Assalti Frontali
Luca Mascini alias Militant A, leader degli Assalti Frontali.

ROMA – A trentaquattro anni dal primo disco, sono ancora lì, sul palco, per strada, senza arretrare mai di un passo, anzi. Gli Assalti Frontali sono come una nave che, inesorabile, attraversa l’oceano, incurante delle onde. Sulla prua c’è sempre lui, il pirata Luca Mascini in arte Militant A, un uomo che ha fatto della musica – e della coerenza – uno stile di vita. Stile che emerge nel bellissimo Una vita all’assalto, documentario diretto da Paolo Fazzini e Francesco Principini e prodotto dai Manetti Bros con Piergiorgio Bellocchio. Dopo l’anteprima della scorsa estate, il film ora gira itinerante per l’Italia ed è un modo unico per incrociare storia d’Italia e musica, politica e società, tra Roma, Genova, il Libano, Gaza e un liceo di Vigna Murata. «A dire la verità io sono sempre proteso verso il futuro», confida Militant A a Hot Corn, «ma devo dire che mi ha fatto bene fare un tuffo nel passato e vedere la strada percorsa fino a qui…».

Una vita all'assalto
Militant A e Pol G, dal 1990 gli Assalti Frontali.

IL DOCUMENTARIO – «Da dove comincio? Allora: l’idea di girare Una vita all’assalto è stata di Paolo Fazzini, uno dei due registi. Lo conosco da tanti anni, è stato prima rapper, poi ha iniziato a lavorare in TV. Un giorno mi ha confidato che secondo lui non c’era abbastanza rispetto per gli Assalti Frontali e che, in un momento storico come questo in cui il rap è diventato mainstream, servisse un documento che raccontasse la nostra storia, dai primi passi ad oggi. È evidente vedendo il documentario che la nostra storia si intreccia spesso con quella dell’Italia, dalle prime posse degli anni Novanta al G8 di Genova, dalle università occupate fino alle manifestazioni di piazza. La nostra è una storia che da Roma arriva a New York passando per Kingston, una storia unica a cui Paolo ha voluto dare un po’ di nobiltà cinematografica e credo ci sia riuscito…».

Assalti Frontali
1993: Militant A poco dopo l’inizio del viaggio degli Assalti Frontali.

I MANETTI BROS. – «Come conosciamo i Manetti? Nel 1999 abbiamo lavorato insieme ad una trilogia di video molto particolare, presa da un nostro album, Banditi, e composta da “Notte d’acqua”, “Banditi” e “Zero tolleranza”. Con il budget di un video ne girammo tre e, tra l’altro, la cosa incredibile fu che riuscimmo addirittura ad avere il permesso di girare dentro Rebibbia. Il video raccontava la storia di un pusher arrestato che veniva ucciso dopo una colluttazione con la polizia mentre il suo socio, interpretato da me, finiva in prigione. Fu un’esperienza incredibile. Tra l’altro dentro Rebibbia c’erano detenuti veri come Pierluigi Concutelli, terrorista nero degli anni Settanta. Quell’idea l’abbiamo ripresa ora con il nuovo disco, Notte immensa, di cui abbiamo girato due video insieme diretti da Mirko De Angelis e Fabio Colazzo».

assalti frontali
Elio Germano in una scena di Una vita all’assalto.

GLI OSPITI – «Abbiamo voluto invitare diversi ospiti nel documentario, dai Manetti ad un discografico come Carlo Martelli e poi Ice One, ma c’è anche Elio Germano perché prima di essere un attore è un compagno con cui abbiamo fatto un pezzo di strada insieme. Anche se in pochi lo sanno, lui è anche un rapper, ha anche un gruppo (le Bestierare, nda) con cui abbiamo fatto dei concerti, lui è più giovane di me ma è cresciuto con gli Assalti Frontali e credo si veda. Devo dire che abbiamo cresciuto una buona generazione, tra loro c’è anche Caparezza, che appare in un paio di momenti del film, ma ci sono anche molte persone normali, toccate dalla nostra musica, persone come quelle che oggi mi chiamano nelle scuole a fare i laboratori, come successo a Vigna Murata…».

Assalti frontali
Dai Manetti a quel lago: quattro momenti del documentario.

IL TEMPO PERDUTO – «Mi piace molto la parte finale del documentario che è un po’ forse la chiave di tutta la visione: ti fa capire quanto le cose siano cambiate, ma come i movimenti – anche se sono spariti – siano riusciti a influenzare la nostra cultura e il nostro linguaggio. Ci siamo costruiti anno dopo anno quel linguaggio, abbiamo detto no al mercato e alle istituzioni, siamo entrati nelle scuole per portare un modo differente di pensare. Oggi vado a fare laboratori e non insegno solo a fare rap, ma anche che la scuola non è un nemico, ma un momento bellissimo di aggregazione e socialità. Un altro passaggio di Una vita all’assalto che mi commuove è il momento del lago, con la comunità unità attorno a quel luogo, un momento che mi ha ricordato di come anche attorno alla musica si possa costruire una comunità».

Una vita all'assalto
Caparezza con un vinile degli Assalti Frontali in un momento del documentario.

TRA ROMA E GAZA – «Vedendo il documentario è evidente quanto sia cambiato il mondo, il nostro tempo e quanto siamo cambiati noi, anche se in fondo siamo rimasti uguali. Ripenso ad alcuni video e vedo sul palco kefiah e bandiera della Palestina, come accade ancora oggi durante i nostri concerti. I valori sono rimasti gli stessi, la capacità di indignarsi pure. Oggi mi colpisce molto il modo in cui i rapper più giovani scelgono di non raccontare nulla di quello che succede nel mondo, come se si sentissero staccati da tutto ciò che succede nella vita collettiva, come se loro non potessero contribuire. E invece no, tutti possiamo farlo. Mi ha colpito anche l’assenza di molti artisti su Gaza per esempio, un massacro che come un incubo mi ha fatto svegliare per molto tempo e che ho sentito il bisogno di affrontare nell’ultimo disco perché sentivo che se non avessi scritto qualcosa non avrei più avuto il coraggio di salire su un palco».

Assalto Frontali
Dalla strada alle scuole: un altro momento di Una vita all’assalto.

I RIMPIANTI – «Se ho rimpianti? Diciamo che ho avuto e vissuto delle occasioni bellissime, momenti indimenticabili che sono grato di aver colto nel corso di questi anni, molti li vedete proprio in Una vita all’assalto. Certo, non sono diventato famoso, non ho fatto tanti soldi, ma ho fatto tante cose di cui sono orgoglioso. Forse l’unico rimpianto che ho è quello di non essermi goduto veramente fino in fondo determinati momenti perché ero troppo impegnato a preoccuparmi, ma quella è un’altra storia…».

  • INTERVISTE | Caparezza: «Io e il cinema, tra rap e Kubrick»
  • VIDEO | Qui il trailer di Una vita all’assalto:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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