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Quella volta con Alan Arkin a parlare di America, dei sapori di Sorrento e di Firenze

L’Italia, Los Angeles, la vecchiaia, le donne: quando Hot Corn incontrò l’attore a Los Angeles

Alan Arkin
Alan Arkin, scomparso il 30 giugno a 89 anni.

LOS ANGELES – Nella serie Netflix per cui lo incontrammo, Il Metodo Kominsky, Alan Arkin interpretava Norman, l’agente e amico dell’attore e insegnante di recitazione Sandy Kominsky, ovvero Michael Douglas. Una serie spassosa ma tragicomica, come il tema dell’invecchiamento. Ma se nello show vedevamo Norman e Sandy girare angoli storici di Hollywood, in realtà Alan Arkin – appena scomparso a 89 anni – da sempre mal sopportava Los Angeles, che chiamava: “La città dei sogni spezzati”. «Finito il lavoro, scappo da questo posto il più velocemente possibile», confessò a Hot Corn quando lo incontrammo a Los Angeles, al Four Seasons di Beverly Hills. A sostegno della tesi, citò poi anche Frank Lloyd Wright: «Qualcuno deve avere appeso gli Stati Uniti dalla parte della Costa Est e dato una bella sgrullata; tutto ciò che era slegato dal resto, è caduto su Los Angeles». E così scoprimmo che Arkin, oltre alla sua New York, aveva un altro grande amore: l’Italia. Ecco cosa uscì da quell’incontro indimenticabile.

il metodo kominsky
Alan Arkin e Michael Douglas ne Il Metodo Kominsky.

GLI ITALIANI – «Gli americani? Forse sto generalizzando, ma credo che non siano molto bravi a lasciarsi andare, anche se io e mia moglie non soffriamo questo problema. Credo di essere più libero del mio personaggio nella serie nell’esprimere i sentimenti. Di certo non ho mai visto un italiano avere problemi del genere. Sono un amante dei film di Federico Fellini e pensavo che quei personaggi fossero un’invenzione. Poi, la prima volta in Italia, sono andato allo zoo e ho osservato la persona che dava da mangiare ai rinoceronti: diceva cose assurde e divertenti, era incredibilmente plateale nella sua performance. E ho pensato: “Oddio, ma allora ogni italiano è un attore di Fellini!”…».

In Argo, insieme a Ben Affleck e John Goodman.

IO E SORRENTO – «No, qui a Los Angeles non vedo nessuno veramente felice. Tutti si chiedono se riusciranno ad arrivare dove sperano o come manterranno un determinato status, una posizione, un’immagine. È una vibrazione molto differente da quella di posti in cui la gente è in grado di divertirsi, come ad esempio Sorrento. Pensare che io neppure ci volevo andare a Sorrento. Mi ricordava quella vecchia canzone sentimentale, Torna a Surriento, e non mi attirava per nulla. Poi fortunatamente l’autista mi ha convinto, e una volta arrivato non volevo più andarmene. Avrei passato il resto della mia vita seduto al tavolo di un bar a sorseggiare cappuccino e dire ai passanti: Buongiorno! (e lo dice in italiano, nda)».

Il ruolo dell’Oscar: con Abigail Breslin in Little Miss Sunshine.

LE DONNE – «Un particolare che ricordo? A volte mi capitava di vedere delle donne, mentre passeggiavo per Roma, e di pensare: “Dio che bella”. Poi guardavo meglio e mi rendevo conto che non era esattamente così, non sono necessariamente delle donne bellissime, ma è il loro portamento e la sicurezza che emanano a farmelo pensare. Mi succede anche a Parigi e altrove in Europa, ma difficilmente accade qui nella mia America, sono sincero…».

alan arkin
Alan Arkin e Sarah Baker ne Il Metodo Kominsky.

IO E FIRENZE – «La prima volta che sono andato a Firenze capitò in uno dei tanti momenti in cui mi sentivo triste per la razza umana, sai quando sei pessimista e pensi non ci sia speranza? Ecco. Sono arrivato nella città, ho cominciato a girare per le strade e ho pensato: ma allora c’è ancora speranza per l’uomo. Essere travolti da tutta quella bellezza infinita mi ha dato un nuovo senso di possibilità che non ho mai sentito altrove, prima o dopo…».

  • VIDEO | Quando vinse l’Oscar per Little Miss Sunshine:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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