ROMA – Si vede subito, in Takeaway, quanto Renzo Carbonera abbia in mente un’idea di cinema ben costruita, capace di far risaltare le immagini, la storia e i suoi interpreti. Guardando alla poetica visiva nordica, ma rifacendosi anche alla narrativa del cinema indipendente americano, Carbonera per il suo lungometraggio decide di trattare con la giusta verità un tema spinoso e mai del tutto affrontato come il doping sportivo, facendone però un dramma umano dal carattere forte che, guarda caso, va a rispecchiare lo stesso carattere della protagonista Maria, interpretata da un bravissima Carlotta Antonelli. Al suo fianco il talento incredibile di Libero De Rienzo, dolente e perfetto nel ruolo di Johnny, quel compagno col doppio degli anni che la vorrebbe campionessa di marcia.

Ma il film di Carbonera, presentato ad Alice nella Città 2021, ci mostra uno sport macchiato e furbo, latentemente pericoloso e fuori dalle regole: Johnny infatti spinge Maria al limite, forzandola sull’orgoglio del papà (Paolo Calabresi), mentre la mamma (Anna Ferruzzo) è più scettica, così da farla allenare al freddo e al gelo, non prima di averle somministrato una di quelle boccette illegali che tiene in frigo, racimolate durante il suo passato da preparatore atletico. Sostanze dopanti che dovrebbero portare Maria sui podi di provincia, con l’obbiettivo di scalare le classifiche e puntare, chissà, alle medaglie d’oro internazionali. Costi quel che costi, compresa l’integrità morale, mentale e fisica. Eppure, per Maria, con gli occhi stanchi e le gambe che tremano, il giro finale è dietro l’angolo, e la resa dei conti si fa aspra com’è aspro il mondo fuori, attanagliato dalla crisi finanziaria del 2008.

I fallimenti dunque si mischiano con le speranze, e il mondo ristretto di Takeaway (il titolo arriva dal trasandato bar gestito da Johnny, ma rappresenta anche quel “prendi e vai” applicabile ad uno sport senza scrupoli) si allarga ai suoi personaggi macchiati, stropicciati e sconfitti, che giostrano in un cosmo spietato e, specchiandosi nella cornice geografica (il film è stato girato in gran parte sul Monte Terminillo), estremamente freddo. In questo senso il bravo Carbonera, che ha scritto il film ispirandosi a frammenti di molte storie vere, carica l’opera sulle gambe di Carlotta Antonelli e di Libero De Rienzo, esplorando un tema spesso trattato poco o trattato male, con i toni dello scandalo che finiscono per banalizzarne i risvolti.

Già perché Takeaway più che un film sul lato oscuro dello sport, narrato in una messa in scena destrutturata ed essenziale, si concentra sui personaggi e sui rapporti umani, schiacciati da un peso che non riescono a gestire. E, per volere dell’autore, nel film non possono esserci né vinti né vincitori: Johnny e Maria sono le facce di un’altra medaglia, trattati però con un dolcezza cinematografica che dona al film uno spessore ancora più diverso e ancora più efficace, come dimostra la splendida scena onirica di quel caldo abbraccio tra Carlotta Antonelli e Libero De Rienzo; un abbraccio che sa di amore puro e di infinito, capace per un istante di nascondere la paura e il disgusto. Del resto potrebbe essere facile raccontare Takeaway “solo” come l’ultima grande interpretazione di un attore e di un uomo che manca tutti i giorni (e no, non è retorica spicciola), in quanto è l’integrità totale dell’opera a dargli un giusto e disperato saluto.
Takeaway, l’intervista a Carlotta Antonelli e Renzo Carbonera:
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