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L’Ora del Crepuscolo e un (ottimo) film che mostra il lato nascosto dell’America

Braden King adatta per il grande schermo il romanzo di Carter Sickels. Protagonista Philip Ettinger

Un dettalio del poster de L'Ora del Crepuscolo
Un dettalio del poster de L'Ora del Crepuscolo

ROMA – L’aria acuta di montagna, che si mischia con un immaginario depresso e compresso fatto di casupole, abiti da lavoro ed espedienti per tirare avanti. La vita, lì, nella regione dell’Appalachia non offre prospettive né possibilità, e allora si guarda al futuro senza troppo aspettativa, facendo di ogni necessità una sorta di virtù. Ben prima dell’ottima serie Dopesick – Dichiarazione di Dipendenza, capace di raccontare minuziosamente la terribile ascesa degli oppioidi negli Stati Uniti (una vera e propria epidemia, basta leggere i quotidiani US per farsene un’idea), il regista newyorkese Braden King adatta il romanzo di Carter Sickels per il suo L’Ora del Crepuscolo (The Evening Hour), sfilato nel 2020 al Sundance, al Rotterdam e poi al Torino Film Festival, che si lega in parte allo spaccio dei farmaci oppiodi per diventare, poi, un dramma intimo fatto di incubi tornati dal passato.

Philip Ettinger ne L'Ora del Crepuscolo
Philip Ettinger ne L’Ora del Crepuscolo

Già perché il protagonista, Cole Freeman (Philip Ettinger) cerca di mantenere un equilibrio nella cittadina sperduta tra i boschi degli Appalachi: fa da infermiere agli anziani del posto e, parallelamente, arrotonda vendendo gli antidolorifici ai tossici. La situazione, già scottante, è destinata ad infiammarsi quando in città torna un vecchio, Terry (Cosmo Jarvis, eccezionale), in seguito a delle ruggini passate, è intenzionato a scombussolare la vita di Cole, puntando anche la sua ragazza Charlotte (Stacy Martin). Terry infatti vorrebbe espandere il giro di spaccio, ma questo comporterebbe scontrarsi con Everett (Marc Menchaca), un potente e spietato trafficante locale che, di certo, non fa sconti. Cole, dunque, è minacciato dagli eventi che, vedrete, si fanno via via più incandescenti, portandolo ad agire per salvaguardare il suo mondo.

l'ora del crepuscolo
Philip Ettinger e Cosmo Jarvis in una scena del film

Così, scena dopo scena, L’Ora del Crepuscolo (in Italia grazie ad Invisible Carpet) si fa un thriller oscuro, specchio di una cornice che a tutti gli effetti è un vero e proprio personaggio. Il paesaggio rurale americano (qui siamo nella contea di Harlan), profondamente marcato e dai tratti inquieti, è la cassa di risonanza per una storia intima in cui non c’è spazio per il riscatto: Cole, faccia da bravo ragazzo, è influenzato fortemente dalla geografia che lo circonda, e il film del bravo King va dunque a creare un forte connubio tra gli elementi portanti: atmosfera, tonalità e sceneggiatura. Impostando il film come una disillusa poesia, il regista (qualcuno lo ricorderà per Here, un atipico on-the-road passato al Sundance nel 2011) si approccia al materiale narrativo mettendolo in scena per esaltarne il decadente fascino, volendo a sua volta descrivere in modo essenziale l’altro lato degli Stati Uniti d’America.

l'ora del crepuscolo
Stacy Martin è Charlotte

Del resto quello che fa Braden King con la sceneggiatura di Elizabeth Palmore è farne un film che si divincoli dalle etichette e dai generi, mutando nelle sue due ore in una vicenda che colpisce e fa luce su quelle comunità dimenticate in cui si respira un’aria grigia com’è grigio il cielo d’inverno. Un microcosmo lontano dove si confondono intenzioni e situazioni, in cui le generazioni passate hanno letteralmente prosciugato le miniere d’oro, con le nuove che si ritrovano a dover lottare nell’oblio di una vita che non fa sconti. Per questo il Cole de L’Ora del Crepuscolo è un personaggio ibrido e volutamente contraddittorio, perfetto per un romanzo dal sopore umano declinato, adesso, in cinema costruito grazie alle immagini e alle emozioni.

Qui il trailer de L’Ora del Crepuscolo:

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