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Quentin Tarantino: «Il mio cinema, tra Cliff Booth, Pulp Fiction e un possibile Kill Bill 3»

Il regista protagonista della Festa del Cinema di Roma dove ha ricevuto il Premio alla Carriera

Quentin Tarantino Roma
Quentin Tarantino Roma

ROMA – «Il personaggio con il quale andrei più d’accordo? Probabilmente Cliff Booth. Rick Dalton è un piagnucolone che ha avuto una bella vita e non l’apprezza». Come non dare ragione a Quentin Tarantino. Il regista, jeans scuri, scarpe da ginnastica, camicia a righe bianche e nere e una risata contagiosa, è alla Festa del Cinema di Roma per ricevere il Premio alla Carriera durante uno degli Incontri Speciali con il pubblico. L’occasione per incontrare la stampa con la quale ha parlato del suo, ipotetico, prossimo film – «Kill Bill 3? È una possibilità…» -, del suo romanzo C’era una volta a Hollywood, della genesi creativa e produttiva dei suoi film e del futuro del cinema.

Tarantino alla Festa del Cinema di Roma 2021
Tarantino alla Festa del Cinema di Roma 2021

IL ROMANZO «Sono cresciuto leggendo libri basati sui film che ho letto da ragazzo. Addirittura leggevo romanzi tratti da film mai visti. Poi, 3 anni fa, ho iniziato a pensarci di nuovo e a rileggerli. Ho pensato: “È una grande figata, perché non faccio la stessa cosa per uno dei miei film?”. Così ho iniziato a scrivere un romanzo basato su Le Iene fino a quando non mi sono detto: “Ma che cazzo sto facendo?”. Era chiaro che dovessi farlo su C’era una volta a Hollywood. Avevo tantissimo materiale perché avevo fatto una lunga ricerca sui personaggi per scoprire i loro tratti che non avrei poi incluso nel film. Si parla di un romanzo esplora ed espande il mio film, ma è anche un sottogenere. È anche un romanzo su Hollywood».

Tarantino e Brad Pitt sul set di C'era una volta a... Hollywood
Tarantino e Brad Pitt sul set di C’era una volta a… Hollywood

LE CRITICHE «Bisogna credere nei proprio principi e non preoccuparsi che alla gente non piacciano. Quando ho fatto Pulp Fiction abbiamo ricevuto grande attenzione positiva dalla stampa ma c’erano anche tanti critici che hanno giudicato il film in modo duro. Dicevano: “Questo tizio non è speciale…”. Sono usciti davvero tanti articoli, pezzi lunghi e complessi. E io mi ritrovavo a pensare: “Sai che c’è? Ho fatto un film divertente su dei gangster, ma che problemi hai?”. Non bisogna farsi prendere troppo da questo genere di cose. Se il film esprime lo spirito del tempo e lascia il segno ci saranno persone a cui non piacerà e reagiranno negativamente. Bisogna avere la capacità di accettare che alle persone non piacerà il tuo film, fa parte del dibattito. Credo che una delle conseguenze di Pulp Fiction sia la permissività scaturita degli anni Novanta. Se il film fosse uscito quattro anni dopo la risposta sarebbe stata diversa».

Il New Beverly di LA

IL FUTURO DEL CINEMA «Se il cinema è morto? So solo che ho una sala a Los Angeles, il New Beverly, che proietta vecchi film che ha riaperto dopo la pandemia e l’affluenza è stata incredibile. Era piena tutte le sere. Non credo che il cinema sia morto perché ho acquistato un altro cinema (ride, n.d.r.). Ma sicuramente queste sono delle realtà di nicchia. Non so se i grandi titoli torneranno a fare dei numeri pazzeschi nel weekend di apertura. Però so una cosa: sono fortunato perché abbiamo potuto fare C’era una volta a Hollywood nel 2019. È come essere un uccello che riesce ad entrare in una finestra prima che venga chiusa scoprendo che qualche piuma è rimasta incastrata tra i vetri…».

Tarantino e Uma Thurman sul set di Kill Bill
Tarantino e Uma Thurman sul set di Kill Bill

IL PROCESSO CREATIVO «Quando scrivo la sceneggiatura di un film conta la qualità narrativa, i personaggi. Sono loro a firmi che sono, a prendere le fila della narrazione. Poi quando mi mi metto a girare tutto quello è dato per scontato e penso solo a come scegliere le inquadrature, a lavorare con gli attori, iniziando ad aggiungere gli elementi cinematici. Ma all’inizio del processo c’è solo la fase letteraria».

Quentin Tarantino e Steve Buscemi. Le Iene.

NASCITA DI UNA NAZIONE «Ho, come tante persone, un grosso problema con Nascita di una Nazione di David Wark Griffith. Uno dei principali motivi per cui non mi va giù non è solo il razzismo insito nel film ma anche il fatto che ha contribuito alla rinascita del Ku Klux Klan in America. Avevano il controllo del Sud prima metà XX secolo e tanti neri ed ebrei furono uccisi in quei cinquant’anni. Il Ku Klux Klan non sarebbe rinato se non fosse stato per per quel film. Se pensiamo alla guerra razziale e avessimo portato Griffith a Norimberga sono certo che lo avrebbero trovato colpevole».

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