ROMA – Ci risiamo, Joe c’è cascato di nuovo. Una vicina attraente, quegli impulsi che tornano potenti, i segreti che continua a celare, mischiati a quelli della sua dolce metà, Love. Non gli è bastato essere diventato papà, non gli è bastato cambiare vita e trasferirsi da New York ad un placido e noiosissimo sobborgo di San Francisco, dove le centrifughe sugar free scorrono a fiumi e la quinoa ha sostituito il piacere dei carboidrati. Joe ce la mette tutta a fare il bravo ragazzo, ma gli eventi corrono veloci e, questa volta, sembrano andare tutti contro di lui. Già perché You 3, creata da Greg Berlanti e Sera Gamble per Netflix, per la prima volta ribalta i ruoli e i confini, facendo di Joe l’effetto e non la causa nella striscia di sangue che viene lasciata fin dal cliffangher alla fine del primo episodio.

Effettivamente Joe Goldberg (forse) non è più quello che abbiamo conosciuto nelle prime due stagioni, e dunque le dieci puntate – in un instancabile susseguirsi di scanzonati e folli colpi di scena – sposta l’attenzione sullo sguardo rassicurante ma imprevedibile di Love, ancora turbata dalla morte di suo fratello. L’affiatamento (psicopatico) della coppia è notevole, anche per merito degli interpreti: Penn Badgley è diventato un attore decisamente credibile, mentre Victoria Pedretti incarna bene il ruolo della ragazza della porta accanto con le annesse svolte torbide. Per merito loro e per merito di una scrittura che non si trattiene (e c’è anche un episodio contro l’idiozia dei no-vax!) nella terza stagione di You succede un po’ di tutto come da tradizione: la gabbia nella libreria di Joe viene trasferita in una pasticceria, i personaggi di contorno sono tutti sul filo di diventare delle possibili vittime e le note da thriller psicologico dettano il ritmo di uno degli show Netflix più amati.

Ma in You 3 quello che colpisce di più è l’esplorazione che gli autori hanno voluto dare alla nuova vita di Joe: da una parte è un papà amorevole, dall’altra è ancora un ragazzo turbato e alterato, attanagliato da una rabbia omicida che si porta avanti da quando era piccolo. In lui si muovono dei conflitti profondi, squagliati tra l’essere e l’apparire, e di rimbalzo i problemi di relazione con Love sono quelli comuni a molte coppie “normali”: incomunicabilità, mancanza di fiducia, senso di oppressione. A Joe la vita nella Silicon Valley fa profondamente schifo, non è fatto per l’artificiosità e la superficialità, ma dal canto suo sa bene quanto sia importante mantenere un equilibrio, pur scivoloso. Joe è un pesce fuor d’acqua nella terza stagione della serie, non sa bene come muoversi, come orientarsi, eppure non ha perso il suo estro pragmatico e risolutivo quando c’è da nascondere un cadavere o uscire – indenne – da un pericoloso impasse che potrebbe fargli crollare definitivamente le sue molteplici coperture.

Il gioco delle contraddizioni è quindi servito, con il pubblico in modalità binge-watching che si ritrova nuovamente con il dubbio feroce: amare o odiare Joe? Poche volte nel piccolo schermo un personaggio si è prestato ad una doppia lettura e a sentimenti tanto diversi. Joe è uno stalker ed è un omicida, non va scordato, ma è innegabile quanto le sue (dis)avventure facciano presa sugli spettatori, divertiti e coinvolti nel voler scoprire quanto ancora possa farla franca. Rispetto alle altre due serie, You 3 – con le ovvie assurdità del caso – alimenta ancora di più le sue (e le nostre) contrapposizioni, con quella domanda che ritorna prepotente: ma Joe è davvero un pazzo omicida o, sotto sotto, è l’ennesima vittima collaterale di una società asservita all’omologazione e all’idealizzazione? Certo, all’apparenza la risposta parrebbe oggettivamente scontata, ma come ci insegna lo stesso Joe Goldberg, l’apparenza spesso inganna.
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Qui il trailer di You 3:
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