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Claudio Amendola: «Ultrà, quella notte sul set e un film impossibile da dimenticare…»

La telefonata a Ricky Memphis, l’estate sul set, il ruolo: Claudio Amendola ricorda Ultrà

Claudio Amendola
Claudio Amendola in una scena di Ultrà con Fabrizio Vidale.

MILANO – «Di quel set ho ricordi fortissimi, indelebili. Impossibile dimenticare nulla…». Claudio Amendola fa una pausa, poi ricomincia a parlare e riannoda lentamente i fili di una storia solo apparentemente lontana, una vicenda che parte ancora prima che venisse battuto il primo ciak di Ultrà. Così, durante una pausa del montaggio del suo nuovo film da regista, I cassamortari, Amendola ritorna con la memoria al 1990, a quei mesi in cui il progetto di quel nuovo film cominciò a prendere forma prima di andare poi alla Berlinale e uscire al cinema il 2 marzo 1991: «Ero sotto contratto con Claudio Bonivento al tempo, il produttore del film», ricorda, «ed ero reduce da due film importanti come Soldati e Mery per sempre. Fu in quel momento che cominciarono a parlarmi di Ultrà e ovviamente, visto il tema, mi appassionai immediatamente. Ancora non potevo saperlo, ma sarebbe stata un’esperienza unica…».

Ultrà
Claudio Amendola sul set di Ultrà con Ricky Tognazzi.

Amendola, ma se oggi dico Ultrà cosa pensa?
«Un vagone usato come set, in piena estate. Un caldo torrido. Dei teli neri appesi per ripararsi dalla calura. Una fatica incredibile, che però oggi ancora si vede guardando il film e fa la differenza. E poi quel gruppo di lavoro unico, un cast che a parte qualche eccezione – penso a Gianmarco Tognazzi e Fabrizio Vidale – era veramente composto da un gruppo di attori non professionisti, ragazzi in trasferta molto vicini al neorealismo come concetto…».

Quale fu la forza di Ultrà?
«L’occhio esterno. Ricky (Tognazzi, nda) e Simona (Izzo, nda) non c’entravano nulla con quel mondo e proprio per questo riuscirono a raccontarlo senza giudicare. Il loro occhio non era accecato dalla partecipazione emotiva o dal tifo e proprio questo permise loro di raccontare tutto onestamente, senza filtri di fede calcistica o altro. Se lo avessi diretto io chissà che sarebbe successo (ride, nda). Sarebbe stato impossibile, ero troppo coinvolto dall’argomento, lo sentivo troppo sulla pelle…».

Ultrà
Claudio Amendola nella celebre scena della telefonata.

Ma Ricky Memphis come salì a bordo? Ci sono varie versioni…
«Vidi Memphis una sera al Maurizio Costanzo Show e chiamai subito Ricky (Tognazzi, nda), dicendogli che avrebbe potuto essere perfetto per il ruolo di Red. Poi chiamai la redazione dello show e chiesi se potevano darmi il suo numero di telefono. La mattina dopo provai a chiamare e quando alzò la cornetta dissi: “Buongiorno, cercavo Riccardo Fortunati”. “Sò io”, disse lui. E io: ” Sono Claudio Amendola”. E lui: “Ma vaffanculo”. E mise giù».

E perché?
«Aspetta. Provai a richiamare ancora e mi riattaccò di nuovo in faccia, così alla terza volta gli dissi: “Senti, se vuoi venire domani a questo appuntamento in via Castellini vieni, altrimenti vaffanculo, questa è l’ultima volta che provo a chiamarti”. Il giorno dopo si presentò e così scoprii che da anni i suoi amici gli facevano uno scherzo telefonico spacciandosi per Claudio Amendola. Ecco, Ultrà è fatto anche di cose come queste…».

A Torino: Amendola con Ricky Memphis e Gianmarco Tognazzi.

Della presentazione del film a Berlino ricorda niente?
«In realtà poco, qualcosa di vago, non amo molto i festival quindi non è che custodisco memorie particolari di quei momenti. Avrò bevuto tre grappe per far passare il momento (ride, nda). No, i ricordi di Ultrà sono altri, quasi tutti del set».

Come la notte del 3 luglio 1990 dopo Italia – Argentina?
«Esatto. A piazza Don Bosco, zona Cinecittà. La troupe si fermò per  vedere quella maledetta partita e poi, alla fine, dopo il gol di Caniggia e la sconfitta ai rigori, abbiamo ricominciato a girare. Giravamo la scena a casa di Cinzia (Giuppy Izzo), in cucina, con le polpette, quando assaggio il sugo. Erano le sette del mattino, non avevamo praticamente dormito e ricordo che a un certo punto Ricky ci strillò perché non riuscivamo più a entrare nella parte. Eravamo distrutti, non capivamo più nulla».

Amendola con Fabrizio Vidale, che interpretava Smilzo.

La sua scena preferita?
«Forse sarò banale, ma dico il confronto nel vagone tra il mio Principe e Red (Memphis, nda). Quel dialogo è notevole, è un pezzo di una cattiveria incredibile, feroce, solo una donna poteva scriverlo probabilmente. E poi devo citare anche la telefonata che fa Principe (a Michele Plastino, nda) perché ripensandoci oggi era un lampo di quello che sarebbe venuto dopo, con tutti gli haters sui social, gli insulti, la rabbia sfogata in quel modo».

Che posto occupa oggi Ultrà nella sua filmografia?
«Sta in cinquina, nella top 5 dei miei film preferiti. Senza alcun dubbio rimane ancora oggi tra le cose fatte di cui vado più fiero. Peccato solo che oggi non si possa rivedere facilmente, che non ci sia da nessuna parte, su nessuna piattaforma…».

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