MILANO – «Dopo vent’anni di colpi di scena e cambiamenti, finalmente oggi inizia la produzione della serie limitata Halston con lo straordinario Ewan McGregor. Sono così orgoglioso del nostro regista Dan Minahan e di Christine Vachon della Killer Films. Sono entusiasta di produrre questo grande e significativo show con loro e con Alexis Martin Woodall e Pamela Koffler». Nostro signore delle serie tv secondo solo a Shonda Rhimes, Ryan Murphy, ha usato Instagram per annunciare l’inizio di un lungo viaggio che porterà sui nostri schermi Halston, la miniserie targata Netflix dedicata al genio creativo, che in tv avrà il volto di Ewan McGregor.

Se non siete esperti di moda, sappiate che stiamo parlando di uno dei talenti più influenti degli anni Settanta che, di fatto, plasmò l’estetica americana di quel periodo, riuscendo a trasformare il proprio brand in un marchio di lusso celebre a livello internazionale. Un risultato sorprendente per un ragazzino con la passione per il cucito nato a Des Moines, la capitale dell’Iowa, nel 1932. Insieme alla nonna, alla madre e alla sorella Roy Halston Frowick imparò a cucire abiti e soprattutto cappelli. Da adulto si trasferì a Chicago, dove frequentò un corso serale alla School of the Art Institute of Chicago mentre di giorno lavorava come vetrinista.

Quando finalmente aprì un negozio tutto suo, Fran Allison – celebre attrice televisiva dell’epoca – diventò una cliente fedele. La voce si sparse e poco dopo i preziosi cappelli diventarono un must have anche per altre star del calibro di Kim Novak e Gloria Swanson. Ma la vera svolta arrivò quando Jacqueline Kennedy indossò una creazione firmata Halston al giuramento presidenziale del marito John. Da lì la fama del designer crebbe a dismisura: il suo tocco minimalista, sofisticato e anche stravagante stregò dive come Elizabeth Taylor, Liza Minnelli, Anjelica Huston, Gene Tierney, Lauren Bacall e Bianca Jagger.

Furono anni di trionfi. Furono anni sfrenati. Il successo della maison andò di pari passo con la celebrità di Halston. Tutte volevano indossare i suoi capi, tutte aspiravano a diventare “Halstonettes”, come l’artista ribattezzò le sue modelle mentre dichiarava di «Voler vestire chiunque in America». Nel frattempo il visionario genio creativo diventò un habitué del jet set, del mitico Studio 54 e dei suoi ancor più celebri eccessi. «La vita è come una fotografia» sosteneva. Un clic ferma un istante, ma non arresta una corsa già avviata verso una parabola discendente.

Gli ingranaggi della prodigiosa giostra mostrarono i primi segni di cedimento, quando Halston firmò un accordo con la catena J. C. Penney per vendere alcuni prodotti del brand a prezzi abbordabili. La scelta si trasformò in un boomerang: il marchio non guadagnò in popolarità e l’impressione fu che il designer si fosse svenduto. In seguito ad altre strategie avventate, Halston perse il controllo sulla maison e anche il successo. La parola fine venne tragicamente scritta il 26 marzo 1990, quando il designer morì per complicazioni dovute all’HIV. Finora le luci e le ombre dell’esistenza dello stilista sono state raccontate da Frédéric Tcheng nel documentario Halston, Ryan Murphy ed Ewan McGregor riusciranno a fare di meglio?
- Qui potete vedere il trailer del documentario Halston:
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