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Ballroom, vogueing e i migliori talenti LGBTQ | Ryan Murphy racconta il suo Pose 2

Sei nomination agli Emmy per la rivoluzionaria serie FX. Il segreto del successo? Talento e verità

Ryan Murphy
Ryan Murphy alla premiere di Pose

NEW YORK – All’interno di un magazzino del Bronx, una palla stroboscopica illumina più di 150 attori in abiti Anni Novata, mostrando le loro camminate e la loro capacità di vogueing sulle note di I Got the Power degli SNAP. «Risparmia l’energia per quando le telecamere riprendono!», dice il produttore vincitore Emmy Ryan Murphy. Pochi minuti dopo, urla «Azione!» su un altro episodio della seconda stagione del suo show televisivo da record, e proprio in occasione della nomination all’Emmy come best drama, il cast e crew hanno aperto le porte del rivoluzionario Pose (FX negli USA, Netflix in Italia). Ci troviamo davanti ad una scena di ballroom, con lo stile tipico del mondo underground LGBTQ. Ciò è in parte dovuto all’occhio attento di Murphy (smette di filmare una sequenza per correggere il minimo movimento e renderlo più autentico), ma soprattutto, è dovuto al talento LGBTQ scovato nelle vere ballroom di Manhattan.

Ryan Murphy
Ryan Murphy e Janet Mock, menti creative di Pose

A parte il cast principale, che include diversi attori trans alla loro prima esperienza, le riprese della giornata sono accompagnate da una cameo di Leix Maldonado (noto anche come “Wonder Woman of Vogue”) e sono state coreografate da Twiggy Pucci Garçon. «È loro che ci dicono cosa fare. Tutto è coreografato, diretto o prodotto da qualcuno nella comunità» spiega ancora Murphy. Prima di girare la puntata con il cast e la troupe, infatti, Murphy aggiunge che i copioni delle ballroom vengono fatti leggere a sei consulenti della serie, come Twiggy, così può accertarsi che sia più reale possibile. «Ci dicono cosa ne pensano, poi lo riscriviamo e glielo restituiamo» aggiunge Twiggy.

Pose
Un’immagine dalla prima stagione di Pose

In questo modo la descrizione e rappresentazione delle ballroom degli anni Ottanta-Novanta sono dettagliate e accurate. «Pose sta facendo un ottimo lavoro nel mostrare gli aspetti di ciò che accade nella scena underground newyorchese. C’è un po’ di fantasia, ma è anche ciò che la TV richiede. Per la maggior parte, però, penso che stia facendo il 99,9% di ciò che deve essere fatto dandogli giustizia» racconta M.J. Rodriguez, che interpreta Blanca nella serie. Le gare della ballroom nella seconda stagione sono più elaborate in quanto si intrecciano con le storie personali di ciascun personaggio. I balli sono in genere tutti relativi ai vestiti e alle “mosse”, ma qui è diverso. Pray Tell (Billy Porter), fresco di Emmy nomination, è sempre sul palco a chiamare le categorie. In questa scena si tratta del lofting, che è simile alla break-dance. Le case si formano per proporre i loro favoriti, mentre la nebbia (creata da una macchina nascosta dalla camera) oscura lo sfondo.

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Billy Porter è Pray Tell

Cavalcando il successo del singolo di Madonna, Vogue, la community festeggia quello che potrebbe essere il loro biglietto per la visibilità. Una fan di Madonna, Candy, interpretata magistralmente da Angelica Ross, irrompe sulla dance floor per competere, ed è accolta dal contraccolpo di Pray Tell. «Candy vuole essere vista, sta lottando dalla prima stagione. Cose buone capitano raramente a ragazze come lei, che si immagina come una star e una performer, proprio come Madonna» dice la Ross. Sarà l’ultima scena per il suo personaggio, voce delle donne transgender di colore. Appena quindici minuti dopo, Candy viene trovata morta in una stanza di un motel, in un apparente omicidio. Murphy e la co-produttrice esecutiva Janet Mock (che, in precedenza, ci aveva già parlato della serie) riescono a compensare il mondo scintillante della ballroom con una trama rivoluzionaria sulla violenza che le donne trans di colore ancora affrontano nel 2019.

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Angelica Ross nei panni di Candy

In Pose si è già parlato di AIDS, dell proteste di ACT UP e dello storico evento alla St.Patrick’s Cathedral. Lo stesso Murphy ammette che proporre simili storie in televisione non è stata un’impresa facile. «C’era una parte di noi che si stancava di sentirsi dire ‘no’. Perché non possiamo raccontare le nostre storie o avere personaggi che riflettono il nostro punto di vista?» racconta Murphy, riferendosi a sé stesso e al co-creatore e sceneggiatore della serie, Steven Canals. «Adoro Pose perché è una storia vera per me. L’ultima stagione racconterà quando nel ’95 -’96 hanno sviluppato i farmaci antiretrovirali per combattere l’HIV. Per me, la serie è sempre stata sulla demolizione di una comunità che si è rifiutata di essere messa a tacere e fermata. Molto commovente ed emozionante. Lo show riguarda un gruppo di persone emarginate che ci stanno dicendo: “Ho il diritto di essere qui”» conclude.

  • L’Opinione | Voguing e identità: Perché Pose è una serie rivoluzionaria

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