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Perché rivedere Endgame? Per riscoprire l’importanza di Ant-Man nel MCU

Piccolo, grande, forte e irresistibile: Scott Lang è la (vera) variabile impazzita dell’universo Marvel

ROMA – Rivedendo il film del 2015, diretto da Peyton Reed, capiamo subito quanto il più piccolo supereore della Marvel sia stato fondamentale in Avengers: Endgame. Ed è su una sola frase che va costruendosi il film più bizzarro della Marvel; un unico invito che dà la spinta al protagonista e alla storia per iniziare, procedendo nel suo percorso in miniatura: «Tu sei già il suo eroe. Diventa quella persona che lei già pensa tu sia».

Paul Rudd è Scott Lang alias il supereroe Ant-Man

Ed è essere padre che spinge il personaggio di Paul Rudd – scanzonato, spiritoso e perfetto per la parte – a diventare (anche) un supereroe. Raccontando il rapporto genitoriale, che si ripresenta sotto vari collegamenti durante tutta la pellicola, il film di Reed (e il suo sequel, Ant-Man and the Wasp) illumina la storia dell’eroe più piccolo della Casa delle Idee, sottolineando gli aspetti più teneri e personali, portando il protagonista – e le persone che gli gravitano attorno – ad affrontare il proprio ruolo sia nella società che, soprattutto, nella famiglia. Fino allo splendido finale a lui riservato in Endgame.

Insieme ad Evangeline Lilly in Ant-Man and the Wasp

E pensare che la sconfitta (casuale) di Thanos parte proprio da… un furto. Perché, rubata l’armatura dell’Hank Pym di Michael Douglas, Scott scopre il mondo minuscolo delle formiche e delle minacce giganti che possono rivelarsi gli oggetti del nostro quotidiano, accettando di fare almeno una volta il giusto nella propria vita, dovendo impedire che si scateni una guerra con la stessa tecnologia da lui utilizzata per ingrandirsi e rimpicciolirsi con agilità. Del resto, quando il potere è troppo grande e non è possibile distruggerlo, allora è meglio che sia conservato in buone mani, finendoci letteralmente dentro, ancora casualmente, per ben cinque anni, prima di essere riportato alla realtà da un’altro fortuito caso.

Il regista Peeyton Reed sul set con il suo protagonista Rudd

Così, Ant-Man del 2015, per la prima volta, ci porta alla scoperta dell’universo degli insetti e di tutto quello che può risultare enorme quando si vive una realtà rimpicciolita. Viviamo l’entusiasmo del cambio di percezione che la diminuzione offre, in un mondo fuori scala che regala molteplici opportunità ai realizzatori del film per dare svago alla propria fantasia. E così l’aspirapolvere crea un tornado, un topo è l’animale più grande mai visto e una sola goccia d’acqua rappresenta un oceano in cui si rischia di affogare.

Scott Lang & Co.

Il personaggio di Ant-Man, in fondo, è puro ritmo, divertimento mai scontato. Un personaggio che utilizza ottimamente la carta del diventare minuscoli per creare ingegnosi scontri e alleggerirne il peso con simpatia, estro e quel tipico humour targato Marvel. Del resto, essere il più piccolo tra gli Avengers non significa essere il meno importante. E Ant-Man ne è la prova.

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