MILANO – «Leonardo? Non era poi così lontano dalla professione dell’attore. Il suo saper ammaliare un potente con le sue capacità lo rendeva abile a mostrarsi diverso da quello che era». Luca Argentero è il protagonista di Io, Leonardo, il film firmato da Jesus Garces Lambert in cui presta il volto al pittore toscano in occasione dei 500 anni dalla sua morte. Accompagnato dalla voce narrante di Francesco Pannofino, Io, Leonardo è uno sguardo inedito alla scoperta dell’uomo dietro l’artista. Argentero ne incarna pensieri, tormenti, intuizioni e genio dando vita ad un ritratto che intreccia il privato con la realizzazione dei suoi capolavori, dal Cenacolo a la Gioconda. «Le sue opere sono eccezionali, certo», sottolinea l’attore, «Ma ciò che trovo più affascinante sono gli schizzi fatti su carta, come gli studi sui cavalli o i volti grotteschi».

LA PREPARAZIONE «La lavorazione è stata dettagliata ed impegnativa. Ogni spillo usato è stato il frutto di studio e ricerca che ha coinvolto delle vere eccellenze. Il lavoro minore, in realtà, l’ho fatto io. Quando sono arrivato sul set ho strabuzzato gli occhi, ne sono rimasto affascinato. Per mezza giornata non ho fatto altro che girarmi in torno per scoprire ogni dettaglio della scenografia. È stato davvero emozionate immergersi nella sua mente. Ha reso tutto più semplice».

LA RICERCA «Sono state settimane intense. Jesus (Garces Lambert, il regista n.d.r) è molto pignolo e attento ai dettagli. Mi sono chiesto “Ma come posso racchiudere la sua vita in novante minuti?”. Ci vorrebbero anni per preparare un personaggio così complesso. Ma la ricerca è stata fatta a monte mesi prima. A me è stato fornito il dettaglio, tutte le informazioni che mi sarebbero servite per interpretarlo».

L’OSSERVAZIONE «Cosa mi è rimasto della sua lezione? Delle conferme. Sono un grande sostenitore del valore dell’osservazione. Anche forse per il mestiere che faccio sono abituato ad osservare ciò che mi sta attorno, sia una persona, un atteggiamento o la natura. E questa sua propensione quasi ossessiva, il dover trovare per forza il segreto del funzionamento di ogni cosa è una cosa in cui credo».

LEONARDO «Non sapevo quasi nulla di lui. La mia era una conoscenza scolastica e annebbiata. Dai per scontato di sapere chi sia, invece, la cosa belle del film e della sceneggiatura è l’attenzione all’aspetto umano. Non conoscevo nulla della sua infanzia e adolescenza o della sua fase di formazione. Questo suo essere stato un ragazzo con una vita non semplice e priva di amore mi ha intenerito».

LA RARRUCCA «La parrucca? È come gli accenti o i dialetti. All’inizio può sembrare ostico ma poi si trasforma in una grossa arma in più. Sia la parrucca che l’incredibile abito che avevo, servivano per acquisire movimenti e postura. Quando hai i capelli molto lunghi, la testa e il corpo si muovono diversamente. Se sono sciolti, inevitabilmente, fai dei gesti che normalmente non faresti».

LA RAPPRESENTAZIONE «Se il pubblico collegasse il mio volto a quello di Leonardo? Sarebbe un onore. Io stesso se pensavo a Leonardo, la prima immagine che mi veniva in mente era l’ottantenne barbuto. Invece, l’idea che la rappresentazione di Leonardo sia anche di uomo nel fiore dei suoi anni, quasi contemporaneo, e all’apice del suo potenziale artistico e scientifico mi piace molto. Poi il senso dell’avere un personaggio che non invecchia all’interno del film è che la mente non invecchia. Se la mente la tieni allenata sopravvive al corpo».
- Qui potete vedere una clip di Io, Leonardo:
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