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5 è il numero perfetto, Toni Servillo e il cinema secondo Igort

Può una graphic novel diventare cinema? L’autore e regista spiega la genesi del film

Toni Servillo nei panni di Peppino Lo Cicero in 5 è il numero perfetto.

VENEZIA – Un aggettivo per descrivere Igort? Felicissimo. Per essere riuscito a portare finalmente al cinema – come regista e sceneggiatore – la sua graphic novel, 5 è il Numero Perfetto, edita da Coconino e pubblicata addirittura nel lontano 2002. Interpretato da Toni Servillo, Carlo Buccirosso e Valeria Golino, il film, un po’ noir un po’ revenge movie (in poche parole, un grande film, come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione) è una delle sorprese del recente cinema italiano.«Il film?», racconta Igort ad Hot Corn, «ho voluto giocare con la magia…».

Igort alla Mostra con Carlo Buccirosso, Toni Servillo e Manuela Lamanna.

NUMERO UNO: L’INIZIO – «5 è il numero perfetto ha avuto una lunga fase di gestazione, a partire quasi subito dopo la pubblicazione fumetto. Immediatamente mi sono arrivate richieste per trasformare la graphic novel in un film. Arrivavano dall’Italia, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Asia. Sono un autore che ha avuto fortuna, ho abitato in Giappone, tra i pochi occidentali a lavorare sui manga. E inevitabilmente troverete nel film dei richiami, assonanze al mondo orientale».

Igort in azione sul set.

NUMERO DUE: IL CINEMA – «Questa rimane un’opera prima, e un cast così mi ha aiutato nella costruzione emotiva del film, non era facile. Il cinema moderno lo hanno inventato Antonioni e Fellini. O Sergio Leone con le sue ipotesi di western. L’immagine dev’essere racconto, tassello per tassello. Niente cine fumetto però ma cinema, almeno questo è quello che ho voluto ci fosse nel mio film. E ci sono tanti riferimenti disseminati qua e là…».

Valeria Golino e Carlo Buccirosso in una scena.

NUMERO TRE: IO & TONI – «Quando ho incontrato Toni Servillo ci siamo scambiati idee e pensieri che condividevamo. Siamo riusciti a raccontare qualcosa di nuovo grazie alle immagini. Le altre proposte arrivate prima? Solitamente è una sorta di prova, come quando mastichi una moneta per capire se è d’oro. Semplicemente, non era quello che mi ero immaginato per il mio film. Allora, dopo nove sceneggiature, siamo partiti noi, facendo quello che volevamo».

Servillo e la moglie Manuela Lamanna.

NUMERO QUATTRO: LA TRIADE – «Valeria Golino, Carlo Buccirosso e Toni Servillo. Avevo con me sul set tre attori incredibili. E pensare che gli stavo facendo fare scene assurde, pazzesche. Insomma, i personaggi che conosco sono di carta e nel cinema invece ci sono gli incidenti reali, che prima ti buttano a terra ma poi, per magia, ti regalano delle meraviglie…».

Ancora Igort in azione.

NUMERO CINQUE: ZEPPELIN – «La fotografia di Nicolaj Bruel? Mi sono sentito come Robert Plant che incontra Jimmy Page. Sono un disegnatore, so perfettamente cosa cerco. Ombre, colori, controluci. Le silhouette come figura chiave. Insomma, un rapporto in cui rilanciavamo tutti, giocando sulle sfide e sui contrasti. La musica, poi, ha avvolto il film, dall’inizio alla fine. Punti e contrappunti. Il set è una trincea, ma dietro il monitor mi emozionavo continuamente. Volevo giocare con il magico, e credo di essere stato accontentato».

Un dettaglio della fotografia di 5 è il numero perfetto.

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