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Ormai è guerra totale: dopo Spielberg, anche Kusturica si schiera contro Netflix?

Prima le polemiche per le nomination a Roma, ora attacchi trasversali. Ma chi ha davvero ragione?

Netflix secondo l'artista argentina Sabrina Brugmann.

MILANO – Sembrava tutto dimenticato, sembrava ormai che Netflix avesse superato le polemiche e preso definitivamente posto al tavolo dei grandi del cinema, con la consacrazione definitiva tenuta alla Mostra di Venezia con Roma di Alfonso Cuarón e la benedizione verso il trionfo annunciato degli Oscar. Invece qualcosa è cambiato: prima gli Studios hanno fatto blocco contro Roma facendo finire l’Oscar nelle mani di Green Book, poi è uscito allo scoperto Steven Spielberg che ha espresso un concetto molto semplice, ma chiaro: «Once you commit to a television format you’re a TV movie». Ovvero, se vai in TV sei un film per la TV, e per quello – come sappiamo – ci sono gli Emmy, non gli Oscar.

Netflix Addiction, un’illustrazione di Alessandro Vairo su Instagram.

In realtà poi Jeffrey Katzenberg, socio e amico di lunga data di Spielberg e ospite del South Texas International Film Festival, ha spiegato che il regista non ha mai detto di voler fare una guerra all’interno dell’Academy né una crociata contro Netflix. Rimane un fatto: che Spielberg non sia un fan dello streaming a tutti i costi non è una novità. Qualche anno fa sostenne – a ragione –  che la TV offre opportunità interessanti e importanti soprattutto per un regista alle prime armi (in fondo lui girò Duel grazie alla ABC) ma che la visione collettiva che si ha in sala è un’altra cosa. Perché? Perché il cinema è un’esperienza sacra e collettiva. Punto.

Netflix and Chill?. Un dipinto di Alexis Rakun.

Netflix ha risposto indirettamente a Spielberg con un comunicato affidato ai social in cui afferma di amare il cinema e di offrire un’opportunità a film che potrebbero non averne, portando il cinema a spettatori che quei film non potrebbero vederli. Vero. Però nei mesi è cresciuta la (errata) convinzione che Roma fosse prodotto da Netflix. Falso. E anche che Roma senza Netflix non avrebbe mai trovato distribuzione. Falso. Cuarón è un regista già premio Oscar e qualcuno, tra A24 o Annapurna avrebbe portato Roma in sala in tempo per entrare nelle nomination.

Netflix Style, illustrazione di Cindy Mangomini.

In questo dibattito ha pensato bene di entrare a gamba tesa (e come altrimenti, conoscendo il personaggio) anche Emir Kusturica che, ospite a Montecarlo del festival di Ezio Greggio, ha candidamente spiegato: «Il cinema sta morendo ed è Netflix che lo sta uccidendo. Netflix è un atto individuale, va bene al massimo per i documentari non per il cinema. Il cinema è un atto collettivo, non individuale». Insomma, come sempre il buon Emir la tocca pianissimo e con due frasi ha rialzato le barricate: vecchio contro nuovo, sala contro streaming, cinema contro TV, autori contro serie. Ma è davvero così? Si riduce tutto a questo? Con Ava DuVernay che deve fare l’avvocato difensore di Netflix su Twitter. Ovviamente no.

Nutflix, dipinto di Fabiano Kalogirou su Instagram.

Dopo il plebiscito critico di Roma, grazie a un’ottima campagna marketing Netflix oggi sembra essere il centro di tutto: serie, cinema, fenomeni, da Marie Kondo a Stranger Things passando per il recente Umbrella Academy. In realtà, come già vi avevamo raccontato analizzando Velvet Buzzsaw (trovate l’articolo qui), mentre le serie sono spesso cult (recuperate Bloodline, subito) di film Netflix ne ha azzeccati pochi (leggi Bright, War Machine, pure Bird Box) e se togliamo Roma e Sulla mia pelle non resta molto di rilevante. Quindi? Quindi la verità sta nel mezzo e Spielberg sa che il futuro avrà due facce, non a caso l’amico Martin Scorsese in autunno arriverà con The Irishman con De Niro & Pacino, blockbuster da 130 milioni di dollari. «Abbiamo parlato con Netflix», ha ammesso De Niro, «e il film prima uscirà in sala, perché ha bisogno del grande schermo». E il duello ricomincia.

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