ROMA – Probabilmente, oggi, non c’è una serie animata tanto spudorata quanto Paradise Police. Due stagioni (e forse una terza) per diciotto episodi, in cui tutto è concesso: trivialità, battute omofobe e misogine, humour nero, svolte splatter, sessualità perversa. E un gruppo di protagonisti emblema del politicamente scorretto. Del resto, lo show, targato Netflix, lo hanno ideato Waco O’Guin e Roger Black, gli stessi del già discusso (e chiuso dopo tre stagioni) Brickleberry. Essenzialmente, Paradise Police – o Paradise PD – ricalca (in parte) proprio la loro precedente serie. Qui, però, non abbiamo un gruppo di rangers, bensì la squadra di polizia di Paradise City, summa di quelle cittadine americane provinciali e grette.

Così, i protagonisti non potevano che essere l’esempio da non seguire: a cominciare da Randall Crawford, l’ignorante, violento e razzista Capo del Dipartimento. Con lui, un team di sbirri che oltrepassano consapevolmente l’illegalità: c’è lo sbadato Kevin, figlio (più o meno amato…) di Randall, l’anziano e perverso Stanley, c’è il mitico Bossolo, pastore tedesco dell’unità cinofila sfrontato, tossicodipendente e alcolizzato, troviamo Gerald, l’afroamericano ambiguo e depresso, e c’è Gina, la sexy e violenta (ma pure la più sfaccettata) poliziotta ossessionata da Dusty, l’agente obeso ed effeminato del dipartimento, con un’insana passione per i gatti.

Ma, chi crede che ogni puntata sia una storia a sé (come I Griffin o I Simpson, per intenderci), resterà stupito di come ci sia invece un (appassionante) caso che attraversa tutte le puntate: in città c’è una nuova, strana e potete droga sintetica che sembra essere ingestibile: chi si nasconde dietro questo traffico? I bifolchi di Paradise? Strani esseri metà delfini e metà uomini? O addirittura Babbo Natale? E se il caso sia più intricato di quanto non sembri? Certo, non ci sono fili logici o indagini canoniche da seguire, ma solo cinismo, oscenità, comicità greve e maleducata, che non risparmia niente e nessuno, dalle minoranze allo show biz, dalla politica alla società.

Insomma, se siete particolarmente suscettibili a determinati argomenti, magari Paradise PD potrebbe farvi storcere il naso, ma dietro la sua totale, spassionata e completa amoralità si cela una serie animata che guarda la realtà da un altro punto di vista, spoglio dal buon senso ma carico di un’esagerazione divertente che pare non avere confini. Per Waco O’Guin e Roger Black – e i loro personaggi – non esistono limiti. E allora la domanda, dopo ogni puntata, sorge spontanea: trash gratuito e inappropriato o l’esempio massimo di quanto sia fondamentale la libertà d’espressione? Il dibattito è aperto.
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Qui il trailer originale della seconda stagione di Paradise PD:
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