ROMA – Le Fate Ignoranti del 2001 può essere considerato un film militante. Rappresenta un punto di rottura nella poetica LGBTQ+ raffigurata nel cinema italiano, di cui il suo autore, Ferzan Özpetek, è assoluto e naturale fulcro. Quando gli abbiamo chiesto, vent’anni dopo, se avesse all’epoca immaginato che avrebbe poi realizzato una serie tratta da quel film la risposta è stata di quelle sincere e pure, com’è puro il suo cinema: “No, all’epoca non credevo nemmeno che avrei terminato le riprese…”. Ecco, mentre quel film è diventato intanto un classico, l’intuizione arrivata dalla produttrice Tilde Corsi (che grazie alle Fate vinse un Nastro d’Argento) si è rivelata – lo diciamo subito – vincente. Attualizzare, allargare ed espandere la storia di Michele, Antonia e Massimo sotto forma di serialità televisiva (la trovate in esclusiva su Disney+), tenendo ben a fuoco la poetica narrativa e visiva di Özpetek, meravigliosamente riconoscibile anche nel linguaggio seriale.

Negli 8 episodi de Le Fate Ignoranti, creata da Gianni Romoli e Ferzan Özpetek e scritta in collaborazione con Carlotta Corradi e Massimo Bacchini, le differenze con il film sono fisiologiche e circostanziali, dato che la serie approfondisce i personaggi, i contorni e le sfumature, rielaborando e dosando le impressioni, che girano attorno alla terrazza protagonista, affacciata su una Roma sacra, profana, libera e popolare. Pur ritrovando lo stesso sapore e gli stessi odori, la luce – e i riflessi – sono marcatamente cambiati, anche al servizio di un pubblico più ampio, più selettivo, maggiormente preparato e maggiormente integrato. Certo, il dolore che pervade Le Fate Ignoranti è identico, qui esploso sotto lo sguardo del Colosseo: Massimo (Luca Argentero) rimane ucciso in un incidente poco prima di confessare alla moglie Antonia (Cristiana Capotondi) di essersi innamorato di un uomo, Michele (Eduardo Scarpetta). Dolore, appunto, ma anche un’inarrestabile umorismo e uno sguardo dritto e puntato sulla felicità, qualsivoglia sia il suo significato.

Perché, attorno alla morte (elemento portante nella poetica del regista turco), Özpetek mette in correlazione la vita colorata e perturbante, qui dipinta sopra le anime imperfette del gruppo di eccentrici amici di Michele che, (in)aspettatamente, aiuteranno Antonia a cambiare prospettiva, inflessioni, certezze. Mischiando addizioni e sottrazioni, il dolce e il salato, e facendosi lieve poeta di un’identità sessuale (e amorosa) che rifiuta i confini e l’ipocrisia, Le Fate Ignoranti oltre essere un ottimo esempio di serialità televisiva italiana, è una scossa di sensazioni inebrianti e di emozioni contrastanti, com’è sono in netto contrasto i cuori di Antonia e di Michele, e ancora prima di Massimo, accortosi che la vita potrebbe non essere tutta qui, e che dietro un casuale incontro potrebbe celarsi un destino tanto meraviglioso quanto crudele.

Oltre ad Eduardo Scarpetta, Cristiana Capotondi e Luca Argentero, la ciurma scanzonata e tumultuosa de Le Fate Ignoranti è formata da un cast che ha il grande merito di farci entrare in un’atmosfera impattante, disarcionante, vivida e turgida. Proviamo a citarli tutti: Serra Yilmaz, Ambra Angiolini, Anna Ferzetti, Paola Minaccioni, Burak Deniz, Carla Signoris, Filippo Scicchitano, Edoardo Purgatori, Edoardo Siravo, Lilith Primavera, Samuel Garofalo, Maria Teresa Baluyot. E allora, lo stato dell’arte de Le Fate Ignoranti, che alterna Nina Simone a Mina, tra una risata e una lacrima, e ci mette difronte ad una folgorante confusione dai colori saturi e sgargianti, è una serie di quelle che semina bellezza in ogni scena e in ogni scelta. Dalle riprese aeree che osservano una Capitale sorniona e gagliarda fino alla perfetta scelta di casting. Tutto, saldamente fuso in un’intelligenza emotiva e in una straripante bellezza, dall’inerzia coinvolgente e, davvero, inarrestabile.
Qui la nostra intervista a Ferzan Özpetek:
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