MILANO – Le magliette attillate di Marlon Brando, le vesti curate e i gingilli di Vivian Leigh: sono queste alcune delle immagini che rimangono addosso di Un tram che si chiama desiderio – lo trovate in streaming su Prime Video, AppleTV e Rakuten – diretto da Elia Kazan e tratto dalla pièce di Tennessee Williams, un film che doveva essere un melodramma ma che negli anni è diventato molto di più. Stanley Kowalski (Brando) è un uomo volgare e burbero che fa breccia da subito nel cuore di Blanche DuBois (Leigh), donna fragile e depressa che si trasferisce a New Orleans per vivere dalla sorella, Stella (Kim Hunter). L’attrazione ferina ed immediata che i due avvertono verrà mitigata solo dalla differenza di educazione ricevuta: Stanley ammette che «i complimenti alle donne non sono il suo forte», mentre l’elegante Blanche è un’intellettuale del Sud dai modi raffinati.
Il realismo di cui la pellicola è pervasa trova riscontro nell’impiego del Metodo Stanislavskij, tecnica di recitazione che si basa sull’approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore. All’epoca dell’uscita – stiamo parlando del settembre 1951 – Un tram che si chiama desiderio venne accusato a causa della rappresentazione lasciva delle pulsioni carnali, considerata fuori luogo per i costumi dell’epoca. L’ambientazione quasi teatrale trova espressione nel piccolo appartamento della coppia, nel quale si consuma il morboso triangolo conflittuale (quadrangolo se aggiungiamo il gentiluomo spasimante di Blanche, Mitch, un grande Karl Malden), fatto di contese domestiche e riconciliazioni repentine.
Il melò si snoda così minuto dopo minuto nel dramma di una donna distrutta da un passato misterioso e sciagurato, che la porterà inesorabilmente a precipitare nel baratro della follia e della finzione. «Io non voglio realismo, voglio magia. Tento di fare della magia: altero la realtà, non dico la verità ma quella che vorrei che fosse la verità». Tuttavia il conflitto fra Stanley e Blanche è anche uno scontro generazionale: quello fra la disinibizione affettata dei propri bisogni, incarnata dal giovane, e il dominio degli istinti sessuali che è caratteristica di Blanche.
Poco compreso nella sua geniale modernità, Un tram che si chiama desiderio fu oggetto di una parziale riscrittura dell’opera teatrale per lasciar spazio alla censura, operazione che Tennessee Williams definì ugualmente «una meravigliosa performance in un grande film, rovinata solo in parte dal finale hollywoodiano». D’altra parte – come affermò lo stesso Kazan – «gli spettatori per arrivare così in alto devono lottare…». Un capolavoro senza tempo, moderno oggi come ieri, un film che sembra incapace di invecchiare.
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