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Il Gioiellino | Toni Servillo, un tracollo finanziario e del perché recuperarlo

Un legal movie, una tragedia economica, un’altra Italia. Ecco perché riscoprirlo (se lo trovate)

Il gioiellino
Toni Servillo in una scena de Il Gioiellino con Remo Girone.

MILANO – «Se lei avesse un milione di euro, chiederebbe un prestito per comprare una macchina nuova?». Questa è soltanto una delle battute impietose e fulminanti che gettano ombre e perplessità sulla gestione finanziaria di Leda, industria alimentare che, dopo essere stata quotata in borsa, ha venduto azioni a 50 mila risparmiatori, nonostante le ricchezze reali non esistessero e i crediti raccolti nel conto offshore chiamato Voragine nelle Isole Cayman fossero pura invenzione. Quella de Il Gioiellino – al momento non disponibile in streaming – è una tragedia economica tutta italiana: i nomi di persone fisiche e persone giuridiche sono fittizi, ma il riferimento, più che evidente, è relativo al fallimento della Parmalat di Callisto Tanzi, il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio che sia mai stato perpetrato da una società privata in Europa.

Remo Girone e Toni Servillo ne Il Gioiellino.

Il regista Andrea Molaioli parte dalle origini: Tanzi si chiama Amanzio Rastelli (immenso Remo Girone, maschera rassicurante e inquietante), un “self made man” di provincia che, dopo aver ereditato la salumeria del padre, fonda una multinazionale che si rivelerà un marchio affidabile e famoso, un esempio di successo commerciale in tutto il mondo, sponsorizzato dai successi internazionali della piccola squadra di calcio di cui l’uomo è proprietario. Ma è tutto finto, nonostante l’inganno si perpetui per più di un decennio: il contabile Botta (Toni Servillo, impeccabile) maschera le perdite e trucca i conti, mettendo in pratica un monumentale sistema di falso in bilancio. Entrambi pagheranno caro, finiranno in galera e quella provincia che prima li esaltava, ora vorrebbe vederli giustiziati. Esce indenne dalle indagini invece la furba e arrivista Laura Aliprandi (strepitosa Sarah Felberbaum, subdolamente sexy), nipote di Rastelli, che, dopo aver consigliato allo zio di diversificare i settori d’investimento, ottiene la gestione di una società di viaggio turistico.

Sarah Felberbaum, in una scena de Il Gioiellino

Peccato che il film, uscito nel 2011, non abbia avuto il riscontro di critica e popolarità che merita: Il gioiellino è l’esempio di un cinema italiano di cronaca che adotta un respiro universale, confezionato magistralmente (fotografia di Luca Bigazzi e colonna sonora di Teho Teardo), avvincente, scrupoloso nella ricostruzione dei fatti, con un ritmo e una precisione registica di hollywoodiana solidità. E come tutti i grandi racconti amorali del nuovo millennio non si indigna di fronte all’imbroglio dei due protagonisti, ma scava nelle ragioni per cui si sono spinti fino alle bugie e alla truffa. Rastelli e Botta ne escono a pezzi: la sconfitta non è soltanto loro, ma di un Paese intero e dell’intero sistema capitalistico e finanziario.

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