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Un biglietto in due | John Hughes e come una semplice commedia divenne un classico

Steve Martin e John Candy, il brano perduto di Elton John, e quella versione di oltre tre ore…

Steve Martin e John Candy, formidabile coppia di Un biglietto in due.

ROMA – Diciamolo chiaro e tondo: Un biglietto in due, fu un’eccezione. Una formidabile prima volta. Si, perché andando a spulciare un po’ l’opus registico di John Hughes, la pellicola del 1987 dal curioso titolo originale Planes, Trains and Automobiles, rappresentò la prima (e a conti fatti unica) occasione in cui Hughes ebbe modo di uscire dal terreno del teen movie puro e crudo (Sixteen Candles – Un compleanno da ricordare, The Breakfast Club, Una pazza giornata di vacanza) di cui è stato demiurgo e codificatore del linguaggio filmico. Qui invece si immerse – come già fece da sceneggiatore tra Mister Mamma e National Lampoon’s Vacation – nel difficile mondo degli adulti attraverso la sua delicata penna, sempre attenta a dosare comico e drammatico, umorismo brillante, a tratti esilarante – reso facile da due pesi massimi come Steve Martin e John Candy – e densa introspezione.

Una coppia comica da sogno: John Candy e Steve Martin in una scena di Un biglietto in due
Una coppia comica da sogno: John Candy e Steve Martin

Ma da dove nacque un simile concept? Pare che fossero due i fattori che spinsero Hughes verso la direzione poi intrapresa da Un biglietto in due: una folle storia e, soprattutto, scrollarsi di dosso l’etichetta di «Regista di film per ragazzi» che il pubblico – ma soprattutto la critica americana – gli aveva cucito addosso. Come raccontato dallo stesso Hughes in un’intervista presente nel documentario Those Aren’t Pillows, l’ispirazione per Un biglietto in due arrivò dopo che, nel 1985, a bordo di un volo di linea New York – Chicago (un’ora e mezza di volo se proprio dice male), il maltempo costrinse il pilota a far scalo a Wichita, nel Kansas. Ci vollero cinque giorni prima che Hughes riuscisse a tornare finalmente nella città dei Bulls e dei Cubs, ma ne impiegò molti meno per buttare giù lo script (appena tre per il primo draft).

Steve Martin è Neal Page in una scena di Un biglietto in due
Steve Martin è Neal Page

Ed era corposo come script: 145 pagine, ben oltre le abituali 90 di una commedia. La cosa colpì particolarmente Steve Martin che, nel pieno della sua ascesa tra la fase Carl Reiner (Lo straccione, Il mistero del cadavere scomparso, Ho perso la testa per un cervello, Ho sposato un fantasma) e cult assoluti degli anni Ottanta come I tre amigos! e Roxanne era desideroso di mettersi in gioco con un giovane maestro come Hughes. Del resto c’è di tutto tra le maglie narrative di Un biglietto in due: amicizia, amore, risate garantite, una dinamica buddy imitata in lungo e in largo (per citarne uno, Parto col folle) e tanta commozione, amplificata dalle atmosfere di quell’impareggiabile terra di mezzo festiva tra il novembre del Giorno del Ringraziamento e dicembre con il classico Natale fatta di tradizione, calore, ma anche tanta malinconia.

John Candy è Del Griffith in una scena di Un biglietto in due
John Candy è Del Griffith

A dividere la scena con Martin, il compianto John Candy, che come spalla comica eccellente s’era saputo costruire una solida reputazione in quel decennio formidabile tra il dimenticato Chi più spende… più guadagna e il mai troppo citato Balle spaziali, raccontato dallo stesso Martin – in un’intervista a pochi giorni dalla sua scomparsa nel marzo del 1994 – così: «Un ragazzo dolce. Molto dolce… e complicato. È sempre stato amichevole, sempre estroverso, gentile, educato, ma si può dire che avesse un piccolo cuore spezzato dentro…». Esattamente come il Del Griffith a cui prestò volto e corpo nella finzione di Un biglietto in due. Girato in appena ottantacinque giorni, Hughes diede fiducia totale alla sua coppia comica prediligendo l’improvvisazione e l’istinto filmico all’aderenza ad uno script mutevole, riscritto in corsa.

La scena madre: «Those Aren't Pillows» di Un biglietto in due
La scena madre: «Those Aren’t Pillows»

Il risultato? Alla fine della lavorazione Hughes si ritrovò tra le mani un girato monstre di oltre centoottanta chilometri di pellicola da cui licenziò un cut di Un biglietto in due da tre ore e quaranta minuti. Un’impresa titanica degna del miglior Michael Cimino de I cancelli del cielo (di cui potete leggere qui) da Hughes definita come: «Un pasticcio di filmati che richiederebbero mesi, forse anni, per trasformarsi in un vero film». Non ci provò mai a trovare l’amalgama di quella mole. Ce ne volle di tempo prima che Hughes e il montatore Paul Hirsch riuscissero a snellire il girato di sottotrame e scene estese (usate poi per i trailer). Gli sforzi non furono vani. Licenziarono un secondo cut da due ore che la Paramount utilizzò per i test-screening e infine un terzo – definitivo – di poco più di un’ora e mezza.

Da qualche parte, sperduti nel Michigan.

Quel che resta della versione da tre ore e quaranta minuti di Un biglietto in due è una bobina impolverata negli uffici della Paramount che si dice essere in uno stato tale che solo un restauro dei negativi in profondità potrebbe dare il giusto valore all’essenza delle immagini. Immagini che sarebbero potute essere ben diverse nei piani originali. Sembrerebbe infatti che non fossero proprio quei Martin e Candy dall’alchimia recitativa impareggiabile le primissime scelte di Hughes per i ruoli di Neal Page e Del Griffith, ma un’altra coppia, ben diversa, sicuramente suggestiva per il valore singolo dei due interpreti: Tom Hanks e John Travolta (!). Se però nel caso di Hanks fu la lavorazione di Big (di cui potete leggere qui) a mettersi di traverso, per Travolta fu un diktat della Paramount a negargli il ruolo.

La rivelazione comica Dylan Baker in una scena di Un biglietto in due
La rivelazione comica: Dylan Baker

Il motivo? I precedenti al botteghino di Staying Alive, Due come noi e Perfect gli avevano cucito addosso un’aura da oggetto misterioso che soltanto gli anni Novanta di Pulp Fiction, Get Shorty e Face/Off sapranno cancellare in termini industriali. Chi invece seppe cogliere al meglio l’opportunità di Un biglietto in due fu Dylan Baker che – nei panni del villico Owen – al primo piccolo e vero ruolo accreditato – seppe duettare al meglio con Martin e Candy rubando loro la scena per una manciata di minuti. Da segnalare, inoltre, i camei di Michael McKean e Troy Evans e quello inaspettato di un giovane, ma già rodato, Kevin Bacon nella corsa al taxi dell’incipit che con Hughes tornerà a lavorare nel successivo Un amore rinnovato del 1988 accanto ad Elizabeth McGovern.

Il cameo inaspettato di Kevin Bacon

Distribuito nelle sale americane il 25 novembre 1987 – nel pieno, cioè, della Settimana del Ringraziamento – ad arricchire di senso il già florido, ricco e senza tempo, retaggio trentacinquennale di Un biglietto in due ci pensa un’importante occasione mancata. Sembrerebbe infatti che Elton John e il paroliere Gary Osborne furono incaricati dalla Paramount di comporre la colonna sonora. A due giorni dalla registrazione su nastro – e con il brano musicalmente ultimato – la Paramount pose loro una condizione spiazzante e spinosa: «I diritti sulla main track sono nostri». La cosa piacque poco alla Polygram che, per via di precedenti obblighi con lo stesso Elton John, non poté cedere i diritti. Uno stato di impasse fastidioso, risoltosi solo grazie agli stessi artisti che scelsero di fare un passo indietro ritirandosi dal progetto.

Il momento finale di Un biglietto in due
Il momento finale di Un biglietto in due

Al riguardo Osborne si espresse così in un’intervista rilasciata al L.A. Times del 1987: «Avevamo visto e amato Un biglietto in due. Il testo era stato scritto ed Elton aveva quasi finito la melodia quando abbiamo scoperto che la Paramount aveva arrangiato le cose maluccio. Insomma, in termini contrattuali, nel momento in cui Elton componeva la canzone, era di proprietà della Polygram». Non se ne fece nulla. Il brano rimase incompleto e la Paramount si consolò concedendo in licenza una reprise – un po’ scialba e zuccherosa a dire il vero – di Everytime You Go Away di Paul Young. Resta il rimpianto, ma anche l’indiretta certezza. Quella che dietro a un grande film c’è sempre una grande storia di cinema e – almeno in questo – il sempre bellissimo Un biglietto in due proprio non fa eccezione.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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