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Topside, New York e la poesia urbana di Logan George e Celine Held

Una madre, una figlia, la sopravvivenza e un film folgorante. In anteprima alla SIC di Venezia

Topside
Topside: la piccola Zhaila Farmer e Celine Held

VENEZIA – I clacson impazziti, le marmitte che borbottano, i martelli pneumatici dei lavori perennemente in corso, lo sfrigolare della cipolla sulla piastra bollente dei baracchini di strada. Sotto i piedi, la lenta ma costante vibrazione dei vagoni della metropolitana, che si muovono veloci e intersecati, dal Bronx fino al Queens, accompagnati da un rumore tonfo e stridente. Per le strade di Manhattan si è invasi da una perpetua colonna sonora fatta di incessanti e riconoscibili onomatopee. Dopo un po’, per chi ci vive o la conosce bene, non ci si fa quasi più caso. Fa parte della cornice sensoriale, mischiata agli odori indefiniti e multietnici, e alle luci che non dormono mai. Ma, per la piccola Little, protagonista dello straziante Topside, scoprire all’improvviso Manhattan può essere un irreversibile trauma.

Topside
Mamma e figlia

Andiamo con ordine. Il film, presentato in anteprima alla Settimana della Critica di Venezia, è il primo lungometraggio diretto dalla coppia Logan George e Celine Held che, dopo il corto d’esordio Caroline, torna a trattare il tema dell’infanzia, questa volta raccontando la storia di una madre e di sua figlia. Vivono insieme ad una comunità di disgraziati, nel bel mezzo di una delle tante stazioni abbandonate – nelle viscere di New York City -, diventate negli anni rifugio di reietti, vagabondi e homeless. Pur esistendo nella più totale disperazione, Little (Zhaila Farmer), dallo sguardo vispo e dai capelli ribelli, non sa cosa c’è all’esterno, passa le giornate a guardare i cartoni su un vecchio lettore DVD, mentre sua mamma (interpretata dalla stessa Celine Held) va e viene, provando come può a guadagnare qualche dollaro.

Topside
Verso la luce?

Però, la loro già precaria esistenza viene definitivamente sconvolta quando la NY Metropolitan Transportation Authority scende nel tunnel, intenzionata a ristrutturare la galleria. Per Little e sua madre inizia così una vera e propria lotta alla sopravvivenza, costrette a risalire in una superficie brutale, gelida e spietata. Così, Topside, ci fa scoprire una notevole coppia (anche nella vita) di registi e sceneggiatori, in novanta minuti che tagliano verticalmente una lunga notte senza fiato e senza speranza. L’epilogo, molto prima del doloroso finale, si insinua, scena dopo scena, nella testa dello spettatore, con una domanda: e se fosse l’indifferenza il male principale della nostra epoca? Logan George e Celine Held sono eccezionali, poi, nel mettere in scena una sceneggiatura semplice eppure piena di temi nevralgici: il senso di comunità, l’innocenza e l’amore materno, tanto potente quanto fragile.

Topside
Le luci (sfocate) della città…

È un film crudo, nella scrittura e nella messa in scena dei registi. Non risparmiano nulla, la camera a mano segue Little e sua mamma senza mai staccarsi dai loro volti, affranti e sporchi, mentre sopra e sotto sono incessanti i frastuoni di Manhattan (e la menzione vai al dipartimento sonoro della pellicola, curato da Joanna Fang e David Forshee), labirinto intricato e co-protagonista risolutiva, capace – in un modo o nell’altro – di offrire una seconda possibilità, quel battito d’ali finalmente da seguire, riscuotendo però un prezzo altissimo e, per certi versi, necessario. Perché Topside, nella sua ricerca disperata della luce (e la scena della risalita in superficie è bellissima quanto dilaniante), diventa una poesia urbana dedicata a chi è rimasto indietro, perso in un limbo oscuro da cui è difficile venire fuori. Anche se sei a New York City, dove l’impossibile è materia quotidiana.

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