ROMA – La storia la conosciamo bene: Nino Scotellaro, integerrimo pubblico ministero siciliano, dopo la condanna per mafia decide di mettere a segno un machiavellico piano di vendetta diventando il “bad guy” che è stato ingiustamente accusato di essere vestendo i panni di Balduccio Remora. La seconda stagione di The Bad Guy di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi si gioca tutta sulla guerra per l’introvabile archivio di Suro, anni di intercettazioni tra il boss e pezzi grossi dello Stato. L’archivio diventa così un campo di battaglia esistenziale tra passato e futuro, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nelle mani di chi riuscirà ad impossessarsene. Dopo l’anteprima ad Alice nella Città della Festa del Cinema di Roma, l’attesa è finita: The Bad Guy 2 arriva su Prime Video dal 5 dicembre.
Ed è un’attesa ripagata, ma non sarebbe stato possibile altrimenti. Un unicum nel panorama televisivo italiano contemporaneo, The Bad Guy, a cui basterebbe la sola sequenza della prima stagione – quella del crollo del (fantasioso) Ponte sullo Stretto – per parlarne come di un capolavoro. Perché quella sequenza è provocazione e near-future di giorni di un futuro (speriamo!) passato e che forse non arriverà nemmeno mai. Non, però, nell’Italia immaginata da Stasi, Ludovica Rampoldi e Davide Serino su carta e trasposta in immagini (tele)fimiche di The Bad Guy. Una serie dove si può avere il coraggio di caratterizzare l’agente scenico principe di uno switch narrativo tale – quello che va da Nino a Balduccio – che nessuno altrimenti avrebbe avuto la forza di mettere in moto.
Un eroe della guerra alla mafia, un paladino della giustizia – un novello Giovanni Falcone/Paolo Borsellino – che diventa egli stesso mafioso dopo essere stato accusato (ingiustamente) di essere colluso con la stessa Cosa Nostra che per anni ha cercato di smantellare. Quindi va dall’altra parte del tavolo Nino/Balduccio, affrontando il Sistema di cui era parte integrante (e fondamentale) in un dualismo caratteriale sempre più labile. Prima che del ritmo scenico e della gestione degli archi narrativi, del siciliano come lingua madre – e con lui tutta quell’intrinseca musicalità che ne deriva nei giochi linguistici delle sue linee dialogiche – del respiro e della costruzione delle immagini offerte, e della rilettura postmoderna del genere, è l’anima politica che rende The Bad Guy una serie irripetibile.
C’è del genio nel raccontare della Trattativa Stato-Mafia, di legalità e giustizia, degli uomini della lotta alla mafia e dell’intrinseca corruzione di questo paese, attraverso una scrittura multitonale come quella offerta da Rampoldi, Serino e Stasi. Il tutto al servizio di una narrazione capace di unire, in piena armonia, momenti da commedia brillante (facile se hai nel cast fuoriclasse come Antonio Catania, Bebo Storti e Aldo Baglio) ad altri densi e tremendamente seri, drammatici e romantici, su una forte, inscalfibile e ben radicata base ironico-grottesca che scorre sottotraccia per poi offrire guizzi all’occorrenza. Ci sono perfino suggestioni a La Finestra sul Cortile e Scene da un Matrimonio in The Bad Guy, a conferma che nulla viene lasciato al caso nella serie di Fontana e Stasi, eppure sono i suoi uomini a fare la differenza.
Perché l’epopea dei due mondi del Nino/Balduccio di un formidabile Luigi Lo Cascio porta in sé le drammatiche conseguenze della rete intorno. A partire dalla moglie, l’avvocato Luvi a cui Claudia Pandolfi presta volto, verve e corpo in un ruolo sempre più cruciale e decisivo nei delicati equilibri del racconto, per poi passare alla Teresa di Giulia Maenza, e con lei il matriarcato di Cosa Nostra in un’evoluzione caratteriale formidabile. Ma soprattutto c’è la Leonarda di una straordinaria Selene Caramazza e con lei la grinta, la fisicità sin dentro le micro-espressioni del volto e nei gesti scenici solo apparentemente causali, e anche il cuore di tutta The Bad Guy. Tra le pieghe delle sue esplosioni emotive c’è l’incapacità ad elaborare un lutto impossibile e la necessità di tenere imbottigliate le proprie fragilità per sopravvivere.
Serve solo correre, agire d’istinto, e far vivere gli ideali del fratello Nino a ogni cattura, ogni passo in avanti nelle indagini. Un confronto tra passato e presente narrativo che è anche scontro nella contemporaneità di The Bad Guy in una partita a scacchi tra fratello e sorella – Nino e Leonarda – nel raggiungimento di un fine comune che è occasione di racconto eccezionale, unica – e che della serie è la tipicità – e che appassiona sempre di più nel suo fluido sviluppo episodico. Non chiamatela serie grottesca, però, perché The Bad Guy è quanto di più autentico, realista e pazzesco il panorama seriale italiano ha da offrire: Un capolavoro e ci era mancato tantissimo!
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