ROMA – Un cappello a falda larga sempre in testa, barba lunga, stivali da cowboy a tenere il tempo e una voce profonda accompagnata dalle note della sua chitarra. In poche parole: Blaze Foley, tra i più grandi musicisti country d’America ma, anche, un perfetto sconosciuto, dimenticato e citato pochissimo anche nell’ambiente. Artista dall’animo irrequieto, campione dell’autosabotaggio, a disagio con le regole, circondato dal fumo delle sigarette fumate tra i denti, tra un bicchiere e l’altro a cullare la sua malinconia. Un beautiful loser cresciuto nel polveroso e assolato Texas che di quella terra ha assorbito vizi e virtù e che l’ha visto morire, per un colpo di pistola, a soli trentanove anni. Un’artista la cui opera, salvo rare eccezioni, è rimasta ignorata per decenni dentro e fuori quei confini geografici che hanno fatto da sfondo alle sue canzoni.
Almeno fino a quando Ethan Hawke, dopo una notte di bevute – in puro stile Foley, nemmeno a dirlo – con l’amico e musicista Ben Dickey, non ha deciso di raccontare la sua storia in un film, Blaze, presentato a Locarno, poi al Torino Film Festival tre anni fa dopo il fortunato debutto al Sundance. E chi meglio di un musicista sconosciuto poteva interpretare un altro musicista sconosciuto?. «Quando ho deciso di realizzare questo film», ha raccontato Hawke, «Ho chiesto al mio amico Vincent D’Onofrio di incontrare Ben per capire se secondo lui fosse in grado di recitare. Dopo essersi visti, Vincent mi ha chiamato e mi ha detto: “Sei un fortunato figlio di puttana”».
Perché Ben Dickey – che mai aveva recitato prima in vita sua – è commovente nel ritrarre ed incarnare quella montagna di ironia, inquietudine, genialità ed autodistruzione che è stata Blaze Foley. Un’opera – definirla biopic sarebbe riduttivo – che nasce dalle pagine di Living in the Woods in a Tree: Remembering Blaze, il memoir scritto da Sybil Rosen – interpretata nel film da una lucente Alia Shawkat – che di Foley fu moglie e musa, qui in veste di co-sceneggiatrice insieme a Ethan Hawke.
L’attore e regista texano che nell’omaggiare il musicista country, realizza uno dei migliori e più sinceri film musicali degli ultimi anni chiamando all’appello amici e colleghi come Charlie Sexton, Richard Linklater, Sam Rockwell ed un gigantesco Kris Kristofferson. Senza cadere nel tranello di una narrazione schematica, Hawke lascia che le linee temporali si accavallino e incastrino tra di loro per permettere a noi spettatori di ricomporre i frammenti della vita di Foley – dalla storia d’amore assoluta e tormentata con Sybil Rosen a quell’ultima, tragica, notte – grazie ad una trasmissione radiofonica a fare da collante postumo.
Ambientato tra la Louisiana e il Mississippi, Blaze è illuminato dalla luce calda e avvolgente della fotografia di Steve Cosens che veste d’oro i protagonisti di una storia fatta di birre, amore, bar, risse, musica, autostrade e promesse spezzate. Un film su cosa significhi essere un’artista e vivere intimamente la propria arte a prescindere da contratti, etichette e successo. «Non voglio essere una star, voglio diventare una leggenda». C’è solo un problema: che fine ha fatto il film? Possibile che tra piattaforme e offerta streaming non ci sia un piccolo posto?
- Ethan Hawke: «Amore e musica: Blaze, il mio perdente di successo»
Qui potete vedere il trailer di Blaze:
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