ROMA – Terry Gilliam è il solito simpaticone. Si siede ridendo, saluta ridendo, inizia la conferenza stampa ridendo. Anche perché, dopo decenni passati a sognare un progetto enorme e complesso, come si può non ridere sapendo di avercela fatta? L’uomo che uccise Don Chisciotte arriva finalmente ora anche in streaming (qui, su CHILI) dopo essere passato al Festival di Cannes e in sala. E allora ecco qui il Terry Gilliam Show, ovvero la fantasia di un uomo che sa trovare le parole giuste anche quando gli vengono chiesti i misteri dell’universo – e della sua mente – sempre nella sua solita e giocosa maniera.
LA SCELTA DI ADAM «Da dove partiamo? Perché ho scelto Adam Driver? L’ho scelto dopo averlo incontrato in un pub a Londra. Non avevo mai visto un suo film, lo confesso, semplicemente mi è piaciuto e mi ha dato modo di ripensare al personaggio che inizialmente avevo in mente e che ormai mi annoiava. Insomma: Adam Driver rappresentava un nuovo inizio. E poi non sembra affatto un divo del cinema, non si comporta nemmeno da attore. Ci siamo piaciuti subito, quindi è stata anche una questione di destino…».
REALE E FANTASIA «Tutti i grandi film sono basati sulla fantasia, senza un singolo punto di contatto con la realtà. Quello che mi interessa da regista è proprio questo conflitto eterno. Don Chisciotte è un sognatore, Sancio Panza è il realista. Ci sono sempre questi due atti. Oggi però abbiamo film come Avengers che purtroppo sono solo fantasia, mentre altri titoli invece sono più realistici solo perché non hanno molti soldi, quindi non possono permettersi altro che la realtà…».
NEL NOME DI CERVANTES «Ho letto Don Chisciotte per la prima volta nel 1989 e mi sono detto che era impossibile poterne trarre un film. Impossibile. Perché? Ma perché è un testo troppo ricco, enorme, complesso. L’idea originale che mi era venuta era su una persona anziana che, invece di lamentarsi, decide di fare qualcosa nella sua vita e muore poi felicemente. Poi quattro anni fa ecco le modifiche: il protagonista è una persona corrotta da racconti e fantasia, come in fondo accade al protagonista nel libro».
UN NUOVO FRANKENSTEIN – «Al principio il personaggio di Adam prendeva una botta in testa e viaggiava nel tempo e realizzava il vero Don Chisciotte, ma trovo non sia un’idea originale come quella che alla fine ho girato. Questa è una storia un po’ alla Frankenstein: Adam ha creato comunque una versione di Don Chisciotte e questa è poi finita nella sua vita. Troppi registi non si rendono conto della responsabilità che hanno nei confronti delle persone e di quanto le loro azioni possano influire sullo spettatore».
IL TEMPO – «Devo dire una cosa: sembra assurdo, ma la sceneggiatura del film è diventata più interessante con il passare degli anni. Avere tanto tempo è una cosa buona, perché dopo che inizi a scrivere e trascorre tanto tempo, alla fine ti annoi e quello che rimane sono gli schizzi più creativi. Ma in fondo penso che L’uomo che uccise Don Chisciotte si sia scritto da solo, c’è stato solo dietro uno scrittore molto lento».
TUTTI ALL’OPERA – «Nel mondo dell’opera mi sono letteralmente buttato (ha diretto il Benvenuto Cellini e The Damnation de Faust, nda) perché quando sei grande è bene imparare nuove cose e nuovi trucchi, e vedere magari anche se, alla fine, fallisci. Perché, in fondo, il fallimento è davvero importante, peccato però che io non fallisco mai e quindi mi toccherà continuare anche con l’opera. Io non credo mai nelle cose ragionevoli, ma solo in quelle irragionevoli».
I MONTY PYTHON – «Ci sono molte persone di talento in giro, ma nessuno sarà mai come i Monty Python. Quello era un gruppo di sei persone che viveva grazie alla loro alchimia comica. I tempi poi erano diversi: quando abbiamo iniziato c’erano solo tre canali e la mattina del lunedì, giorno della nostra serata in tv, si parlava solo di noi. Oggi il panorama è molto più grande e diversificato, anche se in ogni caso noi non ci facevamo scrupoli a differenza dei comici attuali. Non avevamo paura di niente. Un film come Brian di Nazareth oggi non potrebbe mai uscire».
IO, SANCIO E LA VECCHIAIA – «Nella vita le persone quando invecchiano tendono a diventare più Sancio Panza. Si ritrovano ad essere più rigide e ad aver paura. Altre diventano più infantili. In una battuta del film Don Chisciotte dice che vorrebbe dimenticare i suoi sogni. Io assolutamente no. Mi piacciono i miei sogni. Ci rimango aggrappato. La vita può essere ripetitiva, ma i sogni mai…».
JONATHAN PRYCE – «Per quindici anni Jonathan ha cercato di interpretare questo personaggio, ma io non avevo intenzione di farglielo fare. Alla fine la produzione è mutata, si è andati avanti, e la sua performance si è rivelata fantastica, ha aggiunto così tante cose, come se avesse inglobato in un unico personaggio tutti i ruoli shakespeariani che aveva interpretato.»
LA MORTE «La morte? Ma Don Chisciotte non morirà mai. Lui tramanda la sua conoscenza ed è ciò che fa l’arte. Noi non siamo mai originali, rubiamo sempre da coloro che sono venuti prima, che a loro volta hanno preso dai loro predecessori. Cosa farò adesso? Spero di poter buttarmi in qualche altro lavoro, ma non so davvero cosa. So solo che non voglio fermarmi e che questo non sarà il mio ultimo film».
- Trovate il film in streaming qui: L’uomo che uccise don Chisciotte
- Volete (ri)scoprire la follia di Terry Gilliam? Su CHILI anche The Zero Theorem.
Lascia un Commento