ROMA – La storia di Christopher Reeve è un’ascesa sorprendente da attore sconosciuto a star del cinema, e la sua interpretazione definitiva di Clark Kent alias Superman ha stabilito il punto di riferimento per gli universi cinematografici dei supereroi che dominano il cinema odierno. Reeve ha interpretato l’Uomo d’Acciaio in quattro film di Superman e ha interpretato decine di altri ruoli che hanno mostrato il suo talento e la sua gamma, prima di essere ferito in un incidente a cavallo quasi mortale nel 1995 che lo lasciò paralizzato dal collo in giù. Dopo essere diventato tetraplegico, è diventato un leader e attivista nella ricerca di una cura per le lesioni del midollo spinale, nonché un appassionato sostenitore dei diritti e dell’assistenza per i disabili, il tutto continuando la sua carriera davanti e dietro la macchina da presa e dedicandosi alla sua amata famiglia.

Super/Man: The Christopher Reeve Story di Ian Bonhôte e Peter Ettedgui è un racconto cinematografico commovente e vivido, che narra la straordinaria storia di Reeve con filmati mai visti prima e una straordinaria raccolta di materiale d’archivio personale, oltre alle prime interviste estese mai girate con i tre figli di Reeve sul loro padre e interviste con gli attori e amici di Hollywood che erano colleghi e amici di Reeve, da Susan Sarandon a Robin Williams. Il documentario arriva ora al cinema ora ed è una storia di perseveranza, impegno, amore, famiglia, coraggio, tragedia, trionfo, speranza e molto altro ancora. Soprattutto è una storia di umanità, incarnata da un uomo comune che ha trovato la forza di perseverare e resistere, nonostante gli ostacoli schiaccianti. Una storia sull’essere eroe, il suo concetto, la sua spiegazione.

Non a caso scelto come anticipazione della ventiduesima edizione di Alice nella città della Festa del Cinema di Roma. Reeve, anni dopo l’incidente, si espresse così sul concetto di eroe: «Quando uscì il primo film di Superman, rilasciai decine di interviste per promuoverlo. La domanda più frequente era: cos’è un eroe? La mia risposta fu che un eroe è qualcuno che compie un’azione coraggiosa senza considerare le conseguenze. Ora la mia definizione è completamente diversa. Penso che un eroe sia un individuo comune che trova la forza di perseverare e resistere nonostante gli ostacoli schiaccianti. Sono loro i veri eroi, e lo sono anche le famiglie e gli amici che sono stati al loro fianco». Perché è questa, in fondo, il sottotesto legato alla chiave di lettura di Super/Man: The Christopher Reeve. L’essere – ognuno – degli eroi nella vita di ogni giorno.

E l’unico modo per esserlo è con purezza di sguardo e di cuore. Ed era (anche) questo il Reeve privato, ma anche un uomo fragile, pieno di difetti e insicuro, tanto che su sua diretta ammissione: «Trovato sollievo nell’insicurezza di interpretare dei personaggi». Con Superman significava esprimere qualità di coraggio e forza che finirono con il renderlo concreto, vivo, vero: «Ciò che rende Superman un eroe non è il fatto che abbia potere, ma la saggezza e la maturità per usare saggiamente il potere» e con esso il dualismo tra l’uomo e l’icona, l’interprete e il personaggio: «Superman non è altro che un archetipo annacquato. Mitologia pop, che si estende all’attore, poi si insinua in una richiesta che quell’attore rifletta le esigenze dei fedeli. Ma io sono del New Jersey, non sono dell’Olimpo o di Krypton, non posso assumermene la responsabilità».

Quel mantello rosso fu prima nascita e salvezza, poi condanna dell’uomo-e-interprete Reeve. Da fine interprete di teatro Off-Broadway (i suoi compagni e amici erano William Hurt e Robin Williams) vi cercò dignità, rispetto e tridimensionalità. Chi ha visto i Superman in cui è protagonista lo sa già, ai più giovani lo ricordiamo: di tutti gli interpreti tra piccolo-e-grande schermo del Figlio di Krypton, Reeve è ad oggi l’unico capace di cambiare volto e corpo all’occorrenza, ora come Clark Kent ora come Kal-El. Bastavano gli occhiali in su o in giù, un cambio di mimica, ed ecco che scattava la magia che solo il talento di un attore così raffinato e brillante era in grado di dare. Ma se Superman e Superman II furono girati da Reeve perché entusiasta dello script e felice di vestirne i panni, lo stesso non può dirsi per Superman III e IV.

Script deboli, visioni, quelle di Richard Lester e Sidney J. Furie, non proprio coincidenti con il suo modo di vedere il personaggio (Superman IV era un Cannon Movie il che è tutto dire nda) e ingaggi accettati perché fuori dal personaggio di Clark, nonostante gli sforzi, critica-e-pubblico proprio non riuscivano ad accettare Reeve come qualcos’altro se non l’interprete di Superman. Un dualismo su cui gioca anche il montaggio di Super/Man: The Christopher Reeve che viaggia tra le memorie del tempo della vita di Reeve tra primi passi artistici e tramonto della vita, ascesa e difficoltà relazionali, caduta e gioie comuni. Tra questi ci sentiamo di svelarvene uno. A un certo punto a Bonhôte ed Ettegui è venuta l’idea di armonizzare in montaggio il discorso alle Nazioni Unite di Superman IV con quello che Reeve tenne alla Convention Nazionale dei Democratici del 1996.

Il risultato è senza precedenti in termini emotivi oltre che filmici perché in quel montaggio alternato tra finzione e realtà, fantasia e vita, è custodita l’anima di Super/Man: The Christopher Reeve e dell’attore con lui: uomo e (super)uomo, umano e kryptoniano. Non è mai stato uno come gli altri Reeve, come tanti. Di lui Richard Donner – che lo diresse in Superman e Superman II – disse: «Appena conosciuto mi ha convinto di saper volare, dopo di poter tornare a camminare». Dopo aver visto questo documentario potrete dirlo anche voi.
- HOT CORN TV | Qui per il trailer di Super/Man:
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