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Spaccapietre | Salvatore Esposito, l’ingiustizia sociale e quel film necessario

La Puglia, le campagne dimenticate, un padre e un figlio: ma com’è il film dei fratelli De Serio?

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Salvatore Esposito e il piccolo Samuele Carrino in Spaccapietre.

MILANO – L’entroterra della Puglia, con i suoi paesaggi, le sue bellezze e le sue imperfezioni, fa da sfondo alla seconda opera di finzione in mezzo a tanti documentari firmata dai fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, Spaccapietre, che arriva a dieci anni dal primo film, Sette opere di misericordia, e che ora approda in esclusiva in streaming su CHILI. Con Salvatore Esposito in un ruolo assolutamente inedito, il dramma che i due registi allestiscono si muove tra passato e presente, tra una terra piena di contraddizioni e i problemi di oggi, che sono anche di ieri e che rischiano di esserci anche domani. Una storia profondamente umanista con diversi ingredienti, tra denuncia sociale, tenerezza e tanta desolazione.

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Una scena di Spaccapietre

Il caldo torrido e il sudore nei campi sono ciò che un padre e un figlio sono costretti a conoscere dopo aver perso tutto. Il padre, Giuseppe (un Esposito che dimostra il suo talento, oltre Gomorra), ha perso il lavoro, a seguito di un grave incidente all’occhio nella cava, e la moglie, stremata dalla fatica nei campi. Il figlio, Antò, ha perso la madre, sacrificatasi per la sua famiglia, e l’infanzia, costretto a crescere troppo in fretta per fare i conti con la dura situazione in cui versano. Senza più soldi, sono costretti a chiedere lavoro proprio in uno di quei campi che ha portato via un pezzo della loro vita.

Giuseppe e Antò al lavoro nei campi in Spaccapietre

I fratelli De Serio, con uno stile che ricorda un po’ quello di un’altra coppia di fratelli registi, i Dardenne (molto amati dai due), mostrano in tutta la sua crudeltà la dura realtà del caporalato nel Sud Italia e le precarie condizioni in cui sono costretti a vivere i braccianti (oggi, non negli anni Trenta) che vengono sfruttati dai padroni. Nello sguardo spietato e intransigente dei registi non c’è spazio, e nemmeno il bisogno, di andare per il sottile. C’è un po’ di tutto in quelle baracche che di una casa non hanno nemmeno le sembianze: gente povera, immigrati, bambini, tubi vecchi e pavimenti consumati. La miseria non risparmia nessuno.

Massimiliano e Gianluca De Serio
Sul set: i registi Gianluca e Massimiliano De Serio.

Così persone diverse, che non hanno nulla in comune se non questo, si ritrovano lì, a uccidersi per venti euro al giorno, trattati come carne da macello. Il caporalato rimane tuttavia all’ombra del dolce rapporto tra padre e figlio e del loro disperato tentativo di sopravvivere. Salvatore Esposito e Samuele Carrino sono più che convincenti in questo rapporto così assoluto: Antò si prende cura del padre come può, Giuseppe è disposto a fare di tutto per proteggere il figlio. Anche se i tormenti e i rimorsi lo perseguitano insieme al senso di colpa per dover sottomettere anche il piccolo a quella feroce realtà.

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Salvatore Esposito e Samuele Carrino in una scena di Spaccapietre

Ma i bambini, si sa, riescono a trasformare qualsiasi situazione in un mondo tutto loro. E allora ecco che l’incidente all’occhio del padre in realtà gli ha dato i superpoteri, ecco un nuovo amico trovato in un tenero cane che lo segue dappertutto, ecco il sogno sempre vivo di poter diventare un giorno un archeologo. Il piccolo Antò si ritrova sospeso in una sorta di realismo magico, anche se la sua innocenza è destinata a durare ben poco. Quanto sia serio l’appello di Spaccapietre, diventa particolarmente chiaro nel devastante finale. Un padre che incarna la fantasia di suo figlio e un bambino che corre verso il futuro. Un futuro che si può solo sperare sia migliore del presente. Da vedere e da amare.

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  • VIDEO | Salvatore Esposito: «Spaccapietre e le responsabilità del cinema…»

Qui potete vedere il trailer del film:

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