ROMA – Poco dopo essere arrivato nel cuore di Villa Borghese, per la nostra intervista, a Simone Godano arrivano dei messaggi. È Alessandro Gassmann. Gli scrive perché il loro film, Croce e Delizia (lo trovate su CHILI), è stato candidato a due Nastri d’Argento. Uno nella categoria di miglior commedia, e l’altro per i migliori attori protagonisti, con la nomination andata proprio a Gassmann e Fabrizio Bentivoglio. L’altro protagonista di quella che abbiamo già ribattezzato come una delle migliori commedie dell’anno. Il regista romano, al suo secondo film dopo Moglie e Marito – anche quello prodotto dalla Groenladia di Matteo Rovere – ha una sua idea di cinema ben precisa, e lo si nota nella cura delle immagini, all’attenzione che mette verso la sceneggiatura. «Bisogna stare attenti a tre cose: la storia, gli attori e la messa in scena. Se uno di questi elementi manca, diventa un problema», ci racconta in una chiacchierata durata più di un’ora, mentre Roma è sotto un incessante diluvio primaverile. «Così, se Croce e Delizia è stata una mina vagante, il mio prossimo film dovrà ancora una volta far ridere e piangere. Del resto, la vita è così».
Simone, com’è nato Croce e Delizia?
Inizialmente era più teen, con interpreti giovani, sulla trentina. Invece poi ho pensato a volti e nomi maturi. Dicendo, “Perché no, proviamoci”. Poi in Croce e Delizia ero ossessionato dalla location, che doveva essere unica. E la villa che vedete era semplice ma bellissima, un po’ come i personaggi del film e della sceneggiatura. Non volevo patinare nulla, ma la villa era l’anima e il teatro della storia.
Del resto, i punti cardine dei tuoi film sono gli attori e la storia…
Gli attori aiutano. Ho avuto la fortuna di fare due film con una squadra incredibile: Kasia Smutniak e Pierfrancesco Favino, poi Jasmine (Trinca ndr.), Gassmann, Bentivoglio, Anna Galiena, Filippo Sicchitano. Ognuno di loro mi ha fatto fare una bella palestra, tra relazioni lavorative e personali. Sceneggiatura, recitazione e messa in scena sono le tre colonne di un film, e ho detto questo a Matteo Rovere per il nostro prossimo film. Sarà una commedia dove si piange e un dramma dove si ridere. Matteo è bravo, ha un istinto innato e vuole fare un intrattenimento per un pubblico sì largo ma anche alto.
C’è un segreto per far sì che il pubblico vada al cinema?
Penso a una cosa: i film comici sono a sé, e quando alcuni nomi comici fanno opere diverse vanno meno bene. Perché l’unica cosa che conta è la sincerità. Vuoi fare la commedia sofisticata? Devi dirlo subito. Schietti il più possibile. Del resto il pubblico si divide in pochi filoni, tra il colto, il popolare e il colto-pop. E non bisogna essere troppo snob verso gli spettatori, altrimenti scelgono opere straniere, andando, diciamo, più sul sicuro. Comunque quando la gente va in sala è sempre un bene. Allarga l’ansia di uscire tra gennaio a febbraio. Croce e Delizia, prima di qualunque scrittura, aveva subito una data di uscita. È un fenomeno a sé il successo. I festival, i premi possono aiutare. Penso a Il Traditore con il mio amico “Picchio” Favino, il passaggio a Cannes ha aiutato molto. Poi in questi caso il pubblico va a vedere un film perché è il film di Favino.
Infatti c’è molta sincerità nel tuo film.
Croce e Delizia gioca con il tema dell’omosessualità ribaltata, nella coralità della storia, dove addirittura la storia dell’amore tra Fabrizio e Alessandro passa in secondo piano, perché ti affezioni a tutta la situazione. Non abbiamo cercato di replicare nulla, scardinando l’idea di replicare i format già visti. Dovevamo essere la mina vagante improvvisa ed esplosiva, senza parlare di cose a cui non frega nulla a nessuno. Siamo stati sinceri, mai volgari. Sento di essere portato per quel cinema, senza andare troppo sul retorico e banale: tutte le giornate sono così, si piange e si ride. Dopo il film mi ha chiamato Francesco Bruni, facendo i complimenti a me e alla sceneggiatrice Giulia Steigerwalt, dicendo che avevamo fatto un film di persone e non di personaggi. Detto da lui, il regista di quel gioiellino indie e ”sgangherato” di Scialla! è stato un onore.
I tuoi riferimenti cinematografici?
Paul Thomas Anderson, i Coen, Darren Aronofsky, Woody Allen. David O. Russell per come racconta le storie… Non ho un punto di riferimento vero e proprio. Anzi, per il prossimo film stiamo valutando diverse atmosfere, un po’ alla Full Monty e un po’ a Il Lato Positivo, un po’ alla Soul Kitchen e un po’ alla Almost Famous. Dobbiamo ancora scriverlo, però mi piace questo tipo di cinema, il mio gusto nella scrittura si rifà a questi generi, senza necessariamente copiarli. Però ci metto anche i registi messicani, Alfonso Cuarón e Alejandro Iñárritu… ma soprattutto Cuarón. E il suo I Figli degli Uomini è uno dei film più sottovalutati di sempre. E ti dirò, Favino in Moglie e Marito l’ho vestito come Clive Owen…
Pensa a girare Il Lato Positivo in Italia, avrebbe avuto lo stesso successo?
Le storie, anche più semplici che troviamo nei film USA, in Italia, non si possono raccontare per un motivo: le location. Determinate vicende hanno bisogno delle cornici giuste. Full Monty dove lo giri? A Roma? No. Milano? No. Il Lato Positivo, quando Bradley Cooper corre, deve correre per quei vialetti lì, e qui è difficile replicare certe cose, anche per il nostro immaginario costruito su certi sapori unici, impossibili da copiare. Poi, qui, un film senza star è difficile che lo vadano a vedere, anche perché non c’è un vero e proprio star system immediato e riconoscibile.
Facciamo un gioco: immaginiamo Croce e Delizia girato negli USA, quali attori sceglieresti? Nella parte di Bentivoglio potrebbe esserci Kevin Kline…
Kevin Kline? Sì, potrebbe essere Bentivoglio. Il capo famiglia, che deve essere maturo, il giggione del gruppo. Al posto di Jasmine Trinca, sicuramente Emma Stone. Al posto di Gassmann, posso dire John Travolta? Alla fine sono entrambi nonni… Cavolo però, Kevin Kline nel ruolo, ora che ci rifletto, è perfetto. In questo sono un po’ standard, amo i big, sia italiani che stranieri. Sia sul red carpet che nei film. In America del resto si punta su i migliori, senza pensare all’età. Oppure, al posto di Gassmann, dico Vincent Cassel. Che pensa, aveva anche letto la sceneggiatura. Poi fortunatamente abbiamo avuto Gassmann, il ruolo era pensato per lui. Alessandro è una persona più unica che rara nel mondo dello spettacolo. Un uomo e un professionista esemplare.
Da regista, in che direzione, invece, sta andando l’industria cinematografica?
Purtroppo oggi si parla dopo aver visto il trailer, e penso a Rino Gaetano che cantava quella famosa strofa in Mio Fratello è Figlio Unico. Oggi si vive di film commentati senza averli visti. Produttivamente parlando non sempre quelle tre colonne vengono rispettate, per tanti motivi: tempo, impegni, fretta, soldi. Le piattaforme? Sono sempre più importanti e non se ne può fare a meno. La sala però non morirà, diventerà prima o poi come una sorta di teatro, perché gli italiani continueranno ad andare al cinema. Questo chiaramente fuori dall’ottica delle grandi produzioni americane. Internet aiuta i film più piccoli, a farli vivere anche dopo le due settimane di programmazione – quando va bene. I film eterni poi ovviamente sono quelli che raccontano qualcosa.
A proposito di grande schermo, che effetto fa vedere il proprio film al cinema?
Emozionante. Moglie e Marito è uscito pochi giorni dopo la nascita di mio figlio, dunque è stato un turbine di emozioni. Tutt’ora, sono romantico, mi emoziono a vedere l’onda della Warner che anticipa i film. E qui in Croce e Delizia mio figlio apre letteralmente il film, è lui nella prima scena insieme a Jasmine Trinca. È bellissimo vedere il proprio lavoro sul grande schermo, e non lo dico per la fatica del lavoro, anzi. Sei fortunato, stai con gente bella sul set, fai cose fighissime, non devi rompere le scatole a nessuno. Dalle cose belle nascono le cose belle, punto.
Vita, amore, errori: perché Croce e Delizia è tra le migliori commedie dell’anno
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