MILANO – Sì, nessun dubbio: Sick of Myself è proprio la dark comedy adatta a raccontare i tempi che stiamo vivendo. Perché? Perché mescola intelligentemente la satira alla realtà per arrivare al ritratto di una società spaventosamente divertente e vicina a noi. La produzione norvegese è passata anche al festival di Cannes nel 2022 ed è l’opera prima di quel Kristoffer Borgli regista e artista norvegese prossimamente sui grandi schermi della Festa del Cinema di Roma con l’esordio in lingua inglese Dream Scenario e un grande Nicolas Cage (e la A24 alle spalle). Intanto però c’è questo Sick of Myself (lo trovate su MUBI), che racconta della relazione tossica di Signe (Kristine Thorp) e Thomas (Eirik Sæther), in costante competizione tra loro.
Il tutto si incrina ancora di più quando Thomas inizia ad affermarsi come artista contemporaneo e Signe si lancia in un disperato tentativo di attirare l’attenzione su di sé, anche a costo della sua stessa salute. Definito dalla stessa tagline del poster come una unromantic comedy, la disfunzionale relazione tra i due si dirama in un grottesco gioco di potere in cui a prevalere sono il cinismo e il narcisismo: di pari passo con la società individualista in cui è ambientato il film (la città di Oslo da La persona peggiore del mondo fino a questa pellicola è sempre fantastica), Kristine Thorp dà il volto ad una Signe sfiancata e affranta da un’impopolarità che la segue come una maledizione e che lei sembra soffrire come una vera e propria malattia – e forse anche per questo arriva a procurarsene una vera pur di sopravvivere a questo mondo.
Già apprezzata nella commedia Ninjababy (che trovate in esclusiva su MUBI), in Sick of
Myself Kristine Thorp si muove su due livelli di finzione: del suo ruolo e del ruolo che fa finta di
interpretare il suo personaggio; si spinge così verso i livelli più surreali di questa storia. Il pubblico è
catturato e non può fare a meno di seguirla in questa discesa verso gli inferi. Nonostante i toni da commedia amara c’è uno stile horror che da un certo momento in poi segue tutta la durata del film (con molto body horror d’ispirazione cronenberghiana) e rende estrema una narrazione allo stesso tempo delicata. Borgli ha infatti dichiarato che gli piacciono le «dolci melodie che raccontano cose terribili» e nella cornice di Oslo ci viene detto che siamo tutti vittime e carnefici in un mondo che non sa reagire, in cui alla fine Signe viene consumata più che dal senso di colpa, da sé stessa.
Un mondo in cui Signe, alla fine, viene consumata più che da sé stessa che dal senso di colpa. Sick of Myself è una storia assurda con cui empatizzare ma che sboccia in un atto di accusa verso i ruoli che interpretiamo in questa era moderna. L’ennesimo (e surreale) manifesto di una generazione iper-connessa ma poco ascoltata, continuando inoltre ad alzare l’asticella del cinema norvegese contemporaneo: dissacrante e quanto mai veritiero.
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- VIDEO | Qui per il trailer di Sick of Myself:
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