ROMA – La regista teatrale Jeanine ha il compito di far rivivere l’opera più famosa del suo ex mentore e amante, una messa in scena dell’opera Salomè. Mentre lavora alla produzione, che tratta del trauma della protagonista Salome, Jeanine deve rinegoziare diverse relazioni della sua vita. Allo stesso tempo, il suo viaggio si interseca con quello di diversi cantanti e membri della troupe nella produzione in modi inaspettati. Con l’avvicinarsi della serata di apertura, questi diversi desideri e ambizioni iniziano a scontrarsi e la storia di Salomè assume un nuovo significato per Jeanine. Parte da qui Seven Veils, il nuovo film di un grande autore come Atom Egoyan presentato lo scorso febbraio in concorso alla Berlinale e che vedremo prossimamente in Italia in streaming distribuito da Plaion Pictures.

Un’opera, Seven Veils, che appare personalissima stando alle parole di Egoyan, impegnato nel cinema come a teatro, proprio con la Salomè di Richard Strauss: «Quando mi è stato chiesto di rimontare nuovamente Salomè ho subito iniziato a chiedermi cosa avrebbero significato per il pubblico contemporaneo il tono e l’interpretazione specifica di questa produzione. Quando ho diretto quest’opera per la prima volta nel 1996, era un mondo completamente diverso. Ho cominciato a chiedermi quale sarebbe stato il valore di questo rimontaggio in questo particolare momento. Non avevo dubbi sul fatto che avrebbe avuto un successo commerciale, dato che tutte le precedenti produzioni di Salomè sono andate molto bene per la Canadian Opera Company, ed è proprio per questo che la stanno rimontando».

Da qui la scelta di Egoyan di rimontarlo e quindi riadattarlo all’oggi, anche per via delle tematiche in gioco: «C’era un modo per esplorare le mie preoccupazioni su cosa significherebbe rimontare questa controversa produzione nel complesso ambiente odierno di politiche identitarie e sensibilità alla cattiva condotta sessuale? Sono rimasto affascinato anche dal tema dell’appropriazione, che è diventata un’idea così carica e necessaria nella nostra cultura contemporanea. La storia è tratta dalla Bibbia, poi interpretata da Oscar Wilde, poi reinterpretata da un compositore come Strauss, ora reinterpretata nuovamente secondo la mia concezione teatrale revisionista. Qual è la differenza tra prendersi delle libertà creative e appropriarsi dell’intenzione originale di una narrazione? Chi si fa male nel processo? Come vengono riconosciuti questi dolori storici e come viene loro permesso di trovare una via di guarigione?».

L’intuizione al centro della narrazione di Seven Veils, quindi, giocare su un doppio livello di percezione. L’uno, quello più in superficie, legato al potere taumaturgico dell’arte, che permette a Jeanine di affrontare i ricordi oscuri e inquietanti del trauma represso del suo passato, l’altro, nello stesso Egoyan, nel rivedere il suo percorso artistico rielaborando e reinterpretando nell’oggi il turning point della sua carriera e quindi anche della sua vita. Al centro, ovviamente, l’immortale Salomè. Un film importante, che segna il ritorno del regista dopo qualche passo falso e soprattutto dopo che il suo ultimo lavoro, Guest of Honour, presentato a Venezia nel 2019, non era stato distribuito in Italia.
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