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Rush | Ron Howard e la storia vera di Niki Lauda e James Hunt

Paura, coraggio e incoscienza in una delle pagine più emozionanti e drammatiche della Formula 1

Rush
James Hunt e Niki Lauda: amici o rivali?

ROMA – Chi ama la Formula 1 ha bene in mente quali siano i piloti che hanno fatto la storia di questo sport unico. Tazio Nuvolari e Alberto Ascari, per citare due nostre glorie, l’immenso Ayrton Senna, campione inarrivabile dell’epoca moderna, il leggendario Michael Schumacher. E naturalmente Niki Lauda. Austriaco, classe 1949, rimase nella mente di tutti gli appassionati di motori per il gravissimo incidente che lo coinvolse nel Gran Premio di Germania del 1976. Quello fu solo il momento più tragico di un campionato segnato dalla lotta a distanza con l’inglese della McLaren, James Hunt, poi vincitore del titolo. Una storia di amicizia e rivalità, la loro, che sembrava fatta apposta per il cinema. E che Ron Howard ha trasformato nel film Rush.

Rush
Campioni ai nastri di partenza

Ma qual è la vera storia di Rush? Howard non si è discostato troppo dalla cronaca dei fatti, concedendosi tuttavia qualche licenza narrativa per enfatizzare i caratteri dei due personaggi, interpretati da Chris Hemsworth e Daniel Brühl. Ma andiamo con ordine presentando prima i protagonisti e arrivando poi al famigerato campionato del 1976. Chi era dunque Niki Lauda? Sicuramente un predestinato, un uomo che aveva nel sangue la velocità e che non esitò a mettersi contro la sua famiglia pur di realizzare il sogno di gareggiare in Formula 1.

Niki Lauda e James Hunt

Freddo, puntiglioso, non aveva nulla a che spartire con il suo rivale britannico, amante della vita a 360°. Un novello George Best che era solito spendere i suoi soldi tra alcol e donne (sprecando tutto il resto). Diversi come il giorno e la notte, ma più di quanto non faccia vedere Rush, incredibilmente vicini (condivisero anche un appartamento a Londra). Forse per quel giocare con la morte che in quegli anni, complici degli standard di sicurezza molto più bassi di quelli di oggi, era una sentire comune tra i piloti.

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James Hunt e sua moglie

Quando nel 1974 Lauda arrivò alla Ferrari la sua carriera non aveva avuto significative impennate, anzi. Più che come pilota si era fatto conoscere per le sue doti di collaudatore. Grazie all’amicizia con lo svizzero Clay Regazzoni, interpretato in Rush da Pierfrancesco Favino, l’austriaco entrò a far parte del team del Cavallino Rampante. Leggendario il confronto con il Drake, Enzo Ferrari, a cui disse senza mezzi termini che quella monoposto non sarebbe arrivata da nessuna parte (con un linguaggio più colorito, s’intende). In quegli stessi anni James Hunt si affacciò alla Formula 1, stipendiato al minimo dalla McLaren, con maggiore successo del rivale, se non altro dal punto di vista dell’esperienza in pista. Tuttavia, tra i due chi possedeva la stoffa del campione era sicuramente il viennese, vincitore del titolo nel 1975.

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Chris Hemsworth e Daniel Brühl

Nel ’76, dunque, i due si ritrovarono faccia a faccia in un campionato drammatico, che ebbe la sua acme sul circuito del Nürburgring in Germania, ribattezzato l’inferno verde da un altro grande della F1, Jackie Stewart. Un tracciato lunghissimo e molto pericoloso che in 50 anni costò la vita a 131 piloti. Era il primo agosto 1976. Lauda propose ai colleghi di non correre quel giorno, per via delle difficili condizioni della pista a causa della pioggia. Si decise a maggioranza di gareggiare.

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Niki Lauda sulla suo monoposto Ferrari

L’incidente avvenne intorno al secondo giro quando la Ferrari di Lauda colpì il cordolo e perse il controllo della vettura in una curva al Bergwerk. La macchina rimbalzò in mezzo alla pista e prese fuoco. Due piloti della Ford non riuscirono a schivarla e l’impatto fece perdere a Lauda il casco. Soccorso da quattro eroici colleghi, fu trasferito a Coblenza. Rimase in pericolo di vita per svariati giorni. Per la cronaca, la gara fu vinta da Hunt, lanciato anche alla conquista del titolo, considerata la lunga degenza che sarebbe spettata a Lauda, fino a quel momento in testa alla classifica.

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Daniel Brühl in una scena di Rush

L’austriaco tornò in pista a Monza, per il Gran Premio d’Italia, 42 giorni dopo. Con un’impresa straordinaria, arrivò quarto. Straordinaria perché Lauda soffrì dolori inimmaginabili a correre con il casco sulle fasciature e a dispetto delle ferite che si riaprivano, portò a termine la gara. La parola conclusiva sul campionato fu scritta in Giappone. Lauda aveva tre punti di vantaggio su Hunt nella classifica piloti. Una vittoria e il titolo sarebbe stato suo.

Mauro Forghieri e Niki Lauda

Un furioso temporale, però, cambiò le carte in tavola. Lauda non se la sentì di correre. Nonostante il direttore tecnico della Ferrari, Mauro Forghieri, gli avesse consigliato di ricondurre la scelta ad una rottura della macchina, Lauda decise di non nascondere le vere motivazioni del suo abbandono. «Quanto è accaduto in Germania non c’entra per nulla. Non ci sono remore psicologiche o condizionamenti, no. Semplicemente ho giudicato che fosse assurdo continuare a correre su quella pista, titolo in palio o meno» disse in conferenza. Hunt conquistò così l’alloro mondiale.

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Qui potete vedere il trailer italiano di  Rush

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