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Aspettando l’Oscar | Da Black Panther a Robert Redford: i grandi esclusi e le sorprese

Assenti ingiustificati e nomination inaspettate: chi c’è e chi avrebbe dovuto esserci…

ROMA – Snobbati, sorprese e certezze annunciate. Anche quest’anno, la strada che porta alla premiazione più attesa dall’intera industria cinematografica, è lastricata da quella scia di nomi e titoli che, in un modo o nell’altro, saranno protagonisti la sera del 24 febbraio, quando al Dolby Theater di Los Angeles andrà in scena la 91ͣ  edizione degli Academy Awards. Gli Oscar, per la prima volta dal 1987, non avranno un host, dopo che Kevin Hart ha rinunciato alla presentazione in seguito a vecchi tweet di scherno verso la comunità LGBT. Dunque, nostalgia del caro, vecchio Billy Crystal a parte, oltre a Kevin Hart, sull’ambito red carpet gli assenti illustri saranno diversi. Al loro posto? Alcune nomination dell’ultima ora a dir poco sorprendenti.

Oscar, Alfonso Cuaron nominee for Roma
Alfonso Cuaron e Yalitza Aparicio sul set di Roma.

Tra i regali più belli (e graditi) fatti dall’Academy, c’è la nomination come Miglior Attrice Protagonista a Yalitza Aparicio per la sua candida e commovente Cleo, la protagonista di Roma. E prorpio il film di Alfonso Cuarón ha ricevuto ben dieci candidature diventando la pellicola diretta da un regista straniero la più nominata di sempre. Se Yalitza dovrà vedersela con Olivia Colman, Lady Gaga e Glenn Close, l’altra sorpresa della categoria, Melissa McCarthy per Copia Originale, pur eccellente nel ruolo, pare un (bel) passo indietro.

Nicole Kidman è Erin Bell in Destroyer.

Anzi, la Erin Bell di Nicole Kidman in Destroyer, lì in mezzo, non avrebbe sfigurato. Continuando a curiosare tra le varie categorie, cominciando a scommettere grosso sui vincitori, iniziano a spuntare gli assenti ingiustificati. Il primo della lista? Barry Jenkins per la regia di Se Le Strada Potesse Parlare, ingiustamente assente anche nella categoria di Miglior Film (e la candidatura come Miglior Sceneggiatura Adattata, di certo, non colma la mancanza).

Stephan James, Barry Jenkins e KiKi Layne sul set di Se la strada potesse parlare.

Vero, l’Academy ha finalmente preso in considerazione Spike Lee per Blackkklasman (e che bella la candidatura andata ad Adam Driver), ma la raffinatezza visiva di Jenkins avrebbe meritato un posto nella cinquina. E non avrebbe guastato nemmeno una nomination a Damien Chazelle per il suo First Man, del tutto ignorato dall’Academy se non per la Miglior Scenografia (?), Mix e Montaggio Sonoro. Così i due rivali dell’edizione del 2017 con La La Land da un lato e Moonlight dall’altro, quest’anno resteranno a guardare. Se candidare Ryan Gosling era chiedere troppo, è invece plateale l’assenza di Justin Hurwitz per la Miglior Colonna Sonora. Per la regia, invece, la lista degli esclusi non finisce qui.

Clint Eastwood per The Mule o, perché no, Paul Dano per Wildlife – e dov’è Carey Mulligan tra le Attrici Non Protagoniste? Quella a Marina de Tavira per Roma ci sembra un po’ forzata. E per quale motivo non inserire anche Peter Farrelly per Green Book? Miglior Film, certo, ma la seconda categoria più importante l’avrebbe meritata. In compenso, piacevolmente stupidi dalla presenza di Paweł Pawlikowski per Cold War. Sempre tra i registi, la questione della disparità femminile è ancora preponderante. E, candidare Chloé Zhao, incensata per The Rider, sarebbe stato un bel colpo ad effetto da parte dell’ortodossa Academy.

Chloé Zhao sul set di The Rider.

Se Bradley Cooper la nomination per il Miglior Attore Protagonista per A Star is Born l’ha portata a casa, la lacuna più grande di questi Oscar 2019 è il non aver candidato Robert Redford per The Old Man and The Gun. Al netto che quella del ladro gentiluomo Forrest Tucker sia stata la sua ultima prova d’attore, la performance di Redford è, secondo noi di Hot Corn, ottima al punto da meritare di essere inserita nell’appostita cinquina. E non ce ne vogliano Cooper o di Rami Malek per Bohemian Rhapsody. Ed poi vedere la classe di Robert Redford al Dolby Theater, ancora una volta, prima del ritiro, sarebbe stato emozionante. Proseguendo con le assenze più rilevanti nella categoria degli attori protagonisti, spiccano anche Ethan Hawke per First Reformed, Timothée Chalamet per Beautiful Boy e, azzardando, Joaquin Phoenix per A Beautiful Day.

Robert Redford in The Old Man and The Gun.

Spostandoci sugli script, strana la candidatura dei Fratelli Coen per la Miglior Sceneggiatura Non Originale andata a La Ballata di Buster Scruggs: tranne l’episodio All Gold Canyon, gli altri segmenti, pur basandosi su vecchi racconti western, sono tutti loro. Tra le Sceneggiature Non Originali, in un’edizione degli Oscar nel segno del mainstream, non avrebbero sfigurato Phil Lord e Christopher Miller per Spider-Man: Un Nuovo Universo, in lotta tra l’animazione, speriamo, contro L’Isola dei Cani (Ralph Spacca Internet, scusaci ma…).

Rami Malek sul set durante le riprese del Live Aid.

La lista degli assenti, come per ogni edizione, non finisce certo qui. E, in fondo, è anche questo il bello degli Oscar: accendere un dibattito attorno ad un gioco in cui non si può prendere parte, ma si può comunque essere protagonisti. In fondo, gli Academy Awards, i premi in generale, ad un film unanimemente bello o unanimemente brutto, ma anche a quelli che più dividono, di fatto, non aggiunge nulla. Non diventa né migliore né peggiore.

Ryan Coogler e Chadwick Boseman sul set di Black Panther.

Ed è per le candidature dei Migliori Film, che gli Oscar 2019 diventano in qualche modo – nel bene e nel male – storici. Dall’Oscar a Shakespeare in Love sono passati vent’anni, ma trovare oggi in lista Black Panther da una parte e Bohemian Rhapsody dall’altra fa ancora un certo effetto. Positivo o negativo? Più esattamente c’è la consapevolezza che il cinema mainstream, che piaccia o meno, è arrivato a sedersi al tavolo dei grandi. Anche se le dieci candidature di Roma e de La Favorita ci raccontano (fortunatamente) un’altra storia.

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