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Oscar 2018: Di lotta e di governo, Gary Oldman dal punk alla vittoria

Da punk londinese a Primo Ministro Britannico: la carriera di Oldman e la politica

Gary Oldman e Daniel Day-Lewis, oltre a essere diretti concorrenti per la vittoria dell’Oscar come miglior attore di quest’anno, hanno un passato comune, poiché, entrambi inglesi, a cavallo tra gli
Anni ’80 e gli Anni ’90 entrarono a far parte del cosiddetto Brit Pack, un manipolo di attori inglesi sulla trentina cosiderate grandi promesse del Cinema (tra gli altri anche Tim Roth e Colin Firth). Allora Gary era ancora considerato un cattivo ragazzo (sul grande schermo) a causa, o per merito, dei ruoli interpretati. Com’è possibile, dunque, che quel ragazzaccio di New Cross (quartiere popolare di Londra) giunga oggi, all’ennesimo apice della sua carriera, a essere candidato al massimo riconoscimento hollywoodiano per l’interpretazione di Winston Churcill, uno degli uomini più istituzionalizzati e liberal-conservatore della Storia del Novecento?

Gary Oldman in Sid & Nancy.

Una suggestione interessante, oltre che un giochino molto divertente per gli amanti del cinema, leggere la carriera di Gary Oldman come un lento e sofferto processo di ascesa e accentramento della collocazione politica dei suoi personaggi. Dalla lotta, al Governo. La sua esperienza, per
chi non lo ricordasse, iniziò infatti nel 1986, con l’interpretazione (peraltro ottima) del ventenne bassista dei Sex Pistols Sid Vicious (nel film Sid & Nancy di Alex Cox): nulla di più lontano dai concetti di Stato e politica, Vicious era anzi la negazione di tutto questo, espressione stessa del rifiuto totale della società, in nome di quel no future gridato nei concerti dei bassifondi della Londra Anni ’70, una vera icona punk che Gary Oldman, pur alle prime armi, interpretò magistralmente sia per somiglianza fisica che per carisma.

Anche negli anni precedenti e immediatamente successivi a questo film (lo skinhead di Meantime del 1984 e l’hooligan di The Firm nel 1989) il nostro si cimentava in ruoli che si rifacevano a quella parte del Regno Unito riluttante, violenta e lontana dalla politica considerata nella sua espressione democratica e parlamentare. La lotta anche fine a se stessa. Questa sua attitudine alla ribellione extraparlamentare e al movimentismo individualista e a-politico, ebbero come esito l’inserimento, all’inizio degli Anni ’90, nel mondo del crimine più o meno organizzato. Tutto inizia con una piccola parte in JFK, il monumentale film di Oliver Stone in cui Oldman interpreta nientemeno che Lee Oswald, l’assassino accreditato di Kennedy, a dimostrazione che il suo approccio alle istituzioni è ancora di tipo frontale, certamente nella categoria dello scontro, senza sconti per nessuno.

La stessa cosa avviene negli anni successivi, in cui le differenze tra l’essere anarchico o reazionario o antisistema si annullano nella più universale parte del “cattivo”: di questi anni sono Dracula di Bram Stoker (in cui interpreta proprio il sanguinario Conte Vlad), lo spietato norman di Leon, il protettore di Una vita al massimo (soggetto di Quentin Tarantino), il mercante d’armi de Il quinto elemento; una serie di delinquenti che sfuggono le morale e la legge in nome del loro piccolo dispotismo personale, spesso anche attraverso azioni estreme come quelle del terrorista russo di Air Force One.

Dopo un periodo di riflessione di una decina di anni, in cui l’unica apparizione connotata politicamente è, in modo decisamente significativo, il suo Ponzio Pilato della miniserie Jesus, nel 2005 avviene la svolta istituzionale, grazie a Nolan, che gli affida la parte del commissario Gordon (un poliziotto, Sid Vicious si rivolterebbe nalla tomba!) in Batman Begins, scelta che fu molto criticata proprio per il passato attoriale di Gary Oldman, ma che segnò una nuova fase della sua carriera, portandolo nel 2011 nel ruolo di George Smiley, il dirigente dei servizi segreti inglesi protagonista di diversi romanzi di John Le Carré tra cui, appunto, La Talpa, per cui Gary ricevette la sua prima Nomination all’Oscar.

La caratteristica principale di Gary Oldman, come attore, è quella particolare mimesi che riesce a ottenere nell’imitazione vera a propria dei suoi personaggi (specie se esistiti), per questo non è strano, per lui, passare da Sid Vicious a Winston Churchill (con tutto quello che ci sta in mezzo), diversi anche fisicamente oltre che nelle loro attitudini, ruoli sociali e personalità. L’ultima tappa di questo percorso è proprio L’ora più buia, un film decisamente politico, in cui la politica nei palazzi diventa thriller e le scelte del suo protagonista cambieranno la Storia dell’umanità, in un modo ben diverso (nei modi e nel campo d’azione) dal cambiamento portato dai Sex Pistols.

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