ROMA – Un trasteverino che ha riscritto le regole del cinema. E il percorso a lui dedicato, non poteva che non partire da due elementi fondamentali del regista e dell’uomo che fu Sergio Leone. Il telefono che squilla di C’era una volta in America e la Scalea del Tamburino, ovvero quella scalinata nel cuore di Trastevere, proprio dietro la sua casa. Perché, la mostra di Sergio Leone a Roma, allestita all’Ara Pacis, e intitolata C’era una volta Sergio Leone (dal 17 dicembre al 3 maggio 2020), è concepita per far conoscere meglio il suo mito, raccontando l’universo personale e cinematografico che ha lasciato in eredità. Il peplum, il western, il cinema e le storie di Leone, confluite in un’esposizione fatta di dettagli, suoni, colori.
La mostra, curata dal direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, in collaborazione con Rosaria Gioia e Antonio Bigini, arriva in Italia dopo il successo avuto alla Cinémathèque Française di Parigi, co-produttrice dell’allestimento romano insieme alla Fondazione Cineteca. Peculiarità del percorso, davvero curato e ricco di dettagli (e con ben 300 metri quadri in più rispetto a quello visto in Francia), è la quantità impressionante di oggetti di scena, copioni, fotografie e locandine, disseminate lungo tutto quello che è un vero e proprio viaggio alla riscoperta di uno dei più grandi registi del Novecento.
Così, tra gli scatti d’infanzia (e c’è addirittura la sua carta d’identità!) e gli appunti per i suoi capolavori, ecco che le stanze della mostra diventano dei set, inebriati dalla magia delle sue pellicole: Il Buono, Il Brutto e il Cattivo, Per un Pugno di Dollari, Il Colosso di Rodi, C’era una volta il West, C’era una volta in America. E, come nei suoi capolavori, anche la mostra esprime il desiderio di raccontare i miti e la memoria (che sia quella della Frontiera, di una Rivoluzione o dell’America), facendone favole reali in cui immergersi, mentre ascoltiamo in sottofondo le note di Ennio Morricone (ci sono anche alcuni spartiti originali) e i dialoghi dei suoi lungometraggi.
Seguendo queste tracce, C’era una volta Sergio Leone è quindi suddivisa in diverse sezioni: Cittadino del cinema, Le fonti dell’immaginario, Laboratorio Leone, C’era una volta in America, Leningrado e Oltre, dedicata all’ultimo progetto incompiuto, L’eredità Leone. Sezioni arricchite, come detto, dai materiali d’archivio della famiglia Leone e di Unidis Jolly Film che hanno prestato i cimeli personali e la sua libreria, oltre ai modellini, alle scenografie, ai bozzetti e alle magnifiche fotografie di set scattate da un altro grande, Angelo Novi. «Ci sono le opere di mio padre», ha detto la figlia Raffaella Leone, in occasione della presentazione alla stampa, «Quello che un regista come lui ha lasciato nel tempo. Questo è quello che mi ha colpito della mostra, facendomi emozionare. Sono qui per ringraziarlo».
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Qui il nostro video dalla mostra di Sergio Leone a Roma:
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