ROMA – Settantadue ore nella vita dell’artista bohémien Amedeo Modigliani (Riccardo Scamarcio) – Modi per gli amici – in cui si susseguono un vortice di eventi nella Parigi del 1916, dilaniata dalla guerra. In fuga dalla polizia, il desiderio di Modi di porre fine alla sua carriera e abbandonare la città è ostacolato dai suoi colleghi Maurice Utrillo (Bruno Gouery) e Chaim Soutine (Ryan McParland) e dalla sua musa Beatrice Hastings (Antonia Desplat). Modi chiede così consiglio al suo amico e mercante d’arte Leopold Zborowski (Stephen Graham). Tuttavia, dopo una notte di allucinazioni, il caos nella mente di Modi raggiunge il culmine quando si trova di fronte a un collezionista americano, Maurice Gangnat (Al Pacino), che ha il potere di cambiare la sua vita.
È questa la traccia narrativa di Modi – Tre Giorni sulle Ali della Follia, opera seconda del mitico Johnny Depp che passa ancora una volta dall’altra parte della macchina da presa dopo Il Coraggioso del lontanissimo 1997. Prodotto da ILBE – Iervolino & Lady Bacardi Entertainment, presentato in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public e dal 21 novembre al cinema con Be Water Film in collaborazione con Maestro Distribution e Medusa Film, Modi è basato sulla quasi omonima commedia teatrale di Dennis McIntyre dal titolo Modigliani. Protagonista, suo malgrado, di una delle più rocambolesche storie di cinema. Perché di un ipotetico Modi si parla dal 1979.
Solo che all’epoca ci sarebbe dovuto essere Al Pacino come protagonista – che di Modigliani acquisì i diritti di utilizzazione economica – e che nei decenni successivi ha visto avvicendarsi in cabina di regia Francis Ford Coppola, Bernardo Bertolucci e Martin Scorsese. A un certo punto, all’inizio degli anni Duemila, impossibilitato a trovare un regista, proprio Pacino dietro la macchina da presa e sempre figurando come produttore. Il protagonista? Ovviamente Johnny Depp a cui propose il ruolo di Amedeo Modigliani durante la lavorazione di Donnie Brasco. Nonostante il coinvolgimento di grossi nomi, tuttavia, Pacino trovò difficoltà a trovare finanziamenti per il film.
E questo ci porta all’oggi, con Modigliani che diventa Modi e Depp che da protagonista passa dietro la macchina da presa e trova in un inaspettato Scamarcio il suo interprete: un perfetto alter-ego. Da questo punto di vista, infatti, c’è si, il talento di uno Scamarcio ormai maturo e capace di gestire perfettamente le inerzie di un personaggio storico così rilevante e complesso, ma dall’altra si avverte come una certa guida maestra da parte di Depp nella direzione attoriale. Come nella (formidabile!) sequenza d’apertura che sembra quasi uscita, per ritmo e spirito, da una scena tagliata di Pirati dei Caraibi.
Da lì parte una parabola di grandezza decadente e sogni mancati, incubi vividi e sporcizia, e follia e creatività che vanno a cementificare il contesto narrativo e le intenzioni sceniche di un Modi che più che indagare – come ci si aspetterebbe (del resto, nemmeno Kirill Serebrennikov lo ha fatto con Limonov) – le ragioni del processo creativo di Modigliani, ce ne restituisce appena uno scorcio, preferendogli, invece, la più facile – e cinematograficamente più interessante – vita avventurosa da tragico bohémien falcidiato da una tubercolosi che non gli darà scampo: e funziona in ogni caso la seconda regia di Depp.
Trovando perfino nell’incontro-scontro con il Gangnat di Pacino una bella occasione narrativa per parlare dell’essere artista, della sua corruttibilità e di arte come carburante di dolore, che ha come protagonisti proprio i volti che di Modigliani hanno rappresentato il passato e il presente produttivo. Un film indubbiamente caotico e dal linguaggio incerto, Modi, che vede il rigoroso genere biopic qui contaminato di nonsense geniali, momenti onirici spiazzanti e perfino di estetiche da cinema muto non opportunamente calibrate a dovere, eppure pieno di cuore e che cattura lo spettatore. Un film a cui è veramente difficile non volere bene.
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