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Il cielo in una stanza | L’incredibile e favoloso mondo (cane) di Mike Patton

Violini, spose e pistole: il cantautore è tornato a Milano per una data speciale del suo progetto

Mike Patton in una foto del progetto Mondo Cane, pubblicato nel 2007.

MILANO – «Come va lì a Milano? Perché noi siamo sulla Luna». E nonostante fossimo al Teatro degli Arcimboldi, anche a noi è sembrato di essere altrove, almeno per una sera. Merito di Mike Patton e dell’orchestra che l’ha accompagnato nel concerto dedicato a Mondo Cane, magnifico album pubblicato nel 2007 e dedicato alle cover di canzoni italiane degli Anni Cinquanta e Sessanta. Violini, percussioni, chitarre, tastiere, theremin, un coro e al centro del palco lui, Mike Patton. Camicia nera con tre rose rosse stampate sul petto, scarpe da skater, due treccine a raccogliergli i capelli e una risata genuina ad intervallare i brani, tra battute in italiano, una serie di “minghia” ben distribuiti e una sposa – con tanto di velo – seduta tra il pubblico.

Uno scatto del concerto visto da Instagram

Si parte con i violini sognanti de Il cielo in una stanza di Gino Paoli e la voce di Patton che incanta un teatro in rispettoso silenzio pronto a lasciarsi andare in un boato di applausi sul finale. Si prosegue con l’omaggio a Fred Buscaglione con Che notte! – arricchita dalla tromba di Roy Paci e lo sparo di una pistola giocattolo esploso da Patton – e Ore d’amore. E poi Ennio Morricone con Deep Deep Down, Nicola Arigliano e la sua 20 km al giorno, Scalinatella di Roberto Murolo e il doppio tributo a Luigi Tenco con Lontano, Lontano e Quello che conta, brano scritto da Morricone con Luciano Salce per la colonna sonora de La Cuccagna.

Mike Patton sul palco del Teatro degli Arcimboldi

E da La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo a Come un tuono di Derek Cianfrance anche Patton ne sa qualcosa di colonne sonore. Ma questa è un’altra storia. «Fa un cazzo di caldo qui dentro!», commenta (sì, in italiano) mentre riprende fiato dopo essersi dimenato con una versione heavy metal di Urlo negro. Generoso di elogi per i suoi musicisti, tra cui Alessandro “Asso” Stefana, Enrico Gabrielli e Vincenzo “Wolverine” Vasi, Patton scherza con il Direttore d’Orchestra per spiegare l’entusiasmo del pubblico, «Credo gli piaccia il tuo culo, è tutta la sera che lo guardano!».

Mike Patton e l’orchestra sul palco

Si muove veloce, salta come se si trovasse sul palco di un festival rock, sputa a terra e poi, con gli occhi chiusi, muove elegantemente le mani a mezz’aria come a giocare con le note. Ed è tutto qui il cuore del live di Mike Patton, variopinto come la sua voce, dolce e feroce, capace di passare da L’uomo che non sapeva amare a Pinne, fucile ed Occhiali e chiudere il concerto con Senza fine che anticipa il doppio bis, tra Dio come ti amo di Domenico Modugno e un «pezzo un po’ strano», Retrovertigo dei Mr. Bungle. Prima di tornare indietro dalla Luna. «Noi siamo Mondo Cane».

Qui potete ascoltare Mondo Cane:

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