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Michael Moore colpisce ancora | Ecco perché Planet of the Humans fa arrabbiare tutti

Un nuovo documentario già su YouTube fa infuriare scienziati e ambientalisti. Ma perché?

MILANO – Alla fine ci riesce sempre. Potete odiarlo o potete amarlo, non cambia nulla. Dove c’è una discussione da creare, dove c’è un varco da aprire lui è lì. Per qualcuno fa solo un utilizzo pretestuoso della forma documentario, per qualcun altro invece è l’essenza della democrazia. Comunque la si voglia mettere – non dimenticando che il signore in questione ha un Oscar e una Palma d’oro a casa – la notizia è che Michael Moore non si smentisce e adesso ritorna a fare notizia (e scatenare un putiferio) con un nuovo documentario da lui prodotto, Planet of the Humans, diretto da Jeff Gibbs e già disponibile su YouTube e sul sito del film: planetofthehumans.com

Perché tanto chiasso? Molto semplice: pubblicato in occasione dell’Earth Day, il documentario non è esattamente un accorato appello all’ecologia, ma anzi è una critica piuttosto feroce contro alcune lobby colpevoli di strumentalizzare il movimento green a loro favore e di alcuni personaggi che – secondo Moore e Gibbs – non agirebbero affatto in nome dell’ambiente (sì, anche Al Gore, ma no, Greta è salva). Risultato? Una polemica enorme con tanto di scienziati che hanno invitato a rimuovere il film a causa delle informazioni false contenute in Planet of the Humans. Secondo risultato? Oltre quattro milioni di visualizzazioni su YouTube e un passaparola ormai innestato che difficilmente si fermerà. L’effetto Michael Moore, appunto.

Michael Moore
Moore nel 2002 con l’Oscar per Bowling a Columbine.

Ma cos’è esattamente l’effetto Moore? Un sistema rodato che sta a metà tra giornalismo, cinema e sensazionalismo: significa arrivare con un documentario al momento giusto, su un tema caldissimo e provare a spingere un po’ più in là la discussione. A qualsiasi costo. Il rischio? Generare un dibattito inutile. Il valore? Allargare l’idea di democrazia. E qui, comunque la si pensi, Moore ha dei meriti enormi, a partire da quello, gigantesco, di aver portato vent’anni fa la forma documentario a un pubblico che solitamente ci girava molto lontano. Se nel 2001 Bowling a Columbine vinse l’Oscar e incassò 70 milioni di dollari, Fahrenheit 9/11 riuscì tre anni dopo a incassare oltre 200 milioni di dollari diventando un fenomeno e aprendo di fatto la via al cinema ad altri documentari.

Un’altra scena di Planet of the Humans.

Adesso però a trent’anni dagli inizi con Roger & me e dopo l’ascesa al potere di Trump che – tra bleach e rimedi contro il Coornavirus – ha reso il vecchio nemico George W. Bush quasi uno statista, Moore è inevitabilmente in difficoltà: come raccontare una realtà che supera qualsiasi paradosso? In Fahrenheit 11/9 attaccava anche Obama e la gestione di Flint (la celebre scena del bicchiere d’acqua), ma spesso su Moore si è commesso un errore: non è un reporter, ma un regista, non è un documentarista puro, ma più un editorialista da sempre allergico al potere, si chiami Hillary o Donald. E da questo punto di vista va preso anche Planet of the Humans: una provocazione su un tema complesso? Forse, ma non sempre quello che sembra vero risulta poi essere così. La questione rimane aperta.

  • Qui potete vedere l’intero documentario:

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