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Tra Parigi e le onde di Biarritz, quell’ultimo giro di tango di Maria Schneider

Brando, Bertolucci e quell’appartamento. Ma non solo. Cosa rimane a dieci anni dalla morte?

Maria Schneider. Classe 1952, è scomparsa il 3 febbraio del 2011.

MILANO – «L’amore sono due operai che entrano in un appartamento segreto, si levano le tute, ridiventano uomini, donne, e fanno l’amore». Maria Schneider, dieci anni dopo. Cos’è rimasto? Per tutti è rimasta soprattutto lei, Jeanne, la donna che corre sul Pont de Bir-Hakeim, attraversando la Senna con un buffo cappello nero addosso e i grossi fiori colorati, il cappotto lungo bordato di pelliccia, la minigonna, gli stivali alti, lo sguardo curioso, il viso paffuto di una bambina cresciuta troppo in fretta. Non riuscirà mai, Maria, a spogliarsi di quei vestiti, imprigionata nell’umiliazione subita da lei, non da Jeanne, durante le riprese di una scena di Ultimo tango a Parigi che non doveva esistere e che però le garantì l’immortalità.

Maria Schneider
Maria Schneider sul set de Ultimo tango a Parigi con Marlon Brando.

Dieci anni fa, era il 3 febbraio 2011, Maria Schneider se ne andò, stroncata a 59 anni da una lunga malattia, iniziata forse proprio in quell’appartamento di Rue Jules Verne a Parigi. Figlia illegittima di una modella tedesca, Marie Christine, e dell’attore Daniel Gélin che non la volle mai riconoscere, la Schneider aveva diciannove anni quando Bertolucci la scelse per il ruolo di Jeanne a fianco di Marlon Brando. Lei avrebbe però preferito essere ricordata per altro, magari per Professione: Reporter (1974) di Michelangelo Antonioni, che lottò con i produttori per averla al fianco di Jack Nicholson mentre lei voleva andarsene, abbandonare tutto. Subito dopo, si spalancò il vortice della disperazione, la dipendenza dall’eroina e il ricovero in un ospedale psichiatrico.

Con Jack Nicholson in Professione reporter.

Nel 1977 fu poi un altro grande autore, Luis Buñuel, a riportarla su un set per L’oscuro oggetto del desiderio, ma venne licenziata e sostituita durante i primi giorni di riprese. Poi arrivarono altri ruoli, come La derobade – Vita e rabbia di una prostituta parigina (1979) di Daniel Duval e Cercasi Gesù (1982) di Luigi Comencini, a fianco addirittura di un giovane Beppe Grillo. Nel 1996 fu Franco Zeffirelli a volerla in Jane Eyre, dove interpretò la prima moglie, pazza, di Rochester. L’ultimo a dirigerla in Italia fu Maurizio Sciarra in Quale amore (2006), con Giorgio Pasotti e Vanessa Incontrada, anche se l’ultima apparizione è del 2008 in Cliente di Josiane Balasko, riflessione sull’amore e sul sesso tra gigolò e donne mature e disilluse.

Con Beppe Grillo in Cercasi Gesù. Era il 1982.

Se ne andò il 3 febbraio 2001, le ceneri disperse in mare ai piedi della Rocher de la Vierge a Biarritz, ma per noi Maria Schneider è ancora sdraiata sulla moquette polverosa dell’appartamento di Ultimo tango a Parigi, definizione di amore nella sua forma più sublime. Due sconosciuti, un gioco che parla un linguaggio segreto fatto di regole e confini, l’utopia vacua di affrancarsi dalle catene dello schema e della normalità. La perversione è proprio nello squallore di una disperazione incurabile che diventa autodistruzione e si esplica nella violenza carnale, dove il confine con il piacere fisico è così labile da confondere, dove il disgusto verso tutto quello che è prassi diventa assenza totale di redenzione.

Davanti a Jean-Pierre Léaud in Ultimo tango a Parigi.

Fondere i reciproci abissi sarà poi l’ultimo tango che però non verrà mai ballato, lasciando solo, e soli, i due disperati che, in una sala Belle Époque atrocemente triste, si renderanno ridicoli nella danza funebre di un’utopia morta ancora prima di nascere. Ma allora cosa resta oggi di Maria Schneider? Anni dopo le controversie, i miti, le accuse nel nome di un comune senso del pudore che comune non è mai, rimane l’immagine, fortissima, di una musa tragica, capelli arruffati, sigaretta tra le dita e occhi ribelli, quell’esuberanza di un nudo quasi infantilmente erotico, l’inconsapevolezza di una donna che si sta inabissando in un ruolo troppo ingombrante. Lo abbiamo capito solo ora: l’ultimo tango era lei, Maria.

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