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Marco D’Amore: «Il cinema oggi? Serve coraggio per andare oltre gli stereotipi»

L’Immortale, il mito di Vittorio De Sica e Gomorra: dal Bif&st, la nostra intervista al regista e attore

Marco D'Amore
Marco D'Amore

BARI – Cavalcando l’onda dell’incredibile successo di Gomorra, Marco D’Amore, la scorsa stagione cinematografica, ha firmato – alla sua prima regia e con successo – L’immortale, raccontando la storia di Ciro di Marzio, l’ormai famoso protagonista della serie targata Sky Atlantic. Con i piedi per terra, Marco D’Amore non si è montato la testa dopo la notorietà e continua a coltivare la passione per il suo lavoro tra recitazione, produzione e regia. E proprio per la regia, al Bif&st, ha da poco ricevuto il premio Ettore Scola. Lo abbiamo incontrato per parlare della sua esperienza dietro la macchina da presa, il suo rapporto con Bari e le sue ispirazioni.

L'immortale
Marco D’Amore controlla i giornalieri sul set

LA REGIA – «Il mio film sta dentro un progetto cominciato nel 2013 che si chiama Gomorra, all’interno del quale ho avuto grande libertà di manifestare la mia natura. Non mi sono mai sentito un attore, e questo lo hanno capito i registi e i produttori. Il mio esordio è precedente al film perché io ho diretto due puntate nella quarta stagione e quindi è lì che ho testato sul campo soprattutto le difficoltà di quel ruolo. E ti confesso che prima di quel debutto io avevo già raccontato L’immortale sia a Nicola Maccanico che a Riccardo Tozzi, ma non avevo pensato di fare la regia del film, perché non mi sentivo in grado, capivo che il racconto era importante e non immaginavo quali potessero essere le difficoltà di sdoppiarmi. Però loro che hanno visto il risultato delle puntate di Gomorra, un giorno mi hanno detto francamente “perché dovrebbe girarlo qualcun altro?”. E quindi da quel momento ho iniziato a fare i conti sui rischi dell’impresa, e devo dire che a bilancio è sicuramente un’esperienza che mi ha cambiato drasticamente…»

Marco D'Amore al Bif&st
Marco D’Amore al Bif&st

BARI – «Questa è una città che mi ha accolto in tempi non sospetti. Innanzitutto con il teatro, io sono venuto qui a recitare a 18 anni la prima volta e per oltre quindici anni l’ho frequentata da attore, da turista, e ho frequentato il festival. Perché questo è uno dei primissimi festival che si è accorto di me e sento di nutrire anche un sentimento di riconoscenza giusto. Noi quattro anni fa abbiamo vinto un premio importantissimo con Un posto sicuro, che è il primo film che io ho scritto e co-prodotto, diretto da Francesco Ghiaccio, vincendo come Miglior Attore con Giorgio Volangeli, e il film fu molto apprezzato. Per me quella fu un’attestazione di stima importante, fu un’affermazione anche in termini nazionali per il film.»

Marco D'Amore
La camera del regista

ETTORE SCOLA – «Tornare oggi e ricevere il premio intitolato a Scola è una gioia. Un premio che è dedicato ad un artista che è stato al tempo stesso regista, sceneggiatore, produttore, un intellettuale profondissimo conoscitore del nostro paese mi riempie di grandissima stima. Io poi devo dire che non sono molto abituato a ricevere i premi, non sono capace a farlo quindi non nascondo il mio imbarazzo e il mio pudore, però intimamente sono molto contento.»

Marco D'Amore e il premio Ettore Scola
Marco D’Amore e il premio Ettore Scola

LE ISPIRAZIONI – «I riferimenti? Sono davvero tanti perché sono uno spettatore onnivoro, se potessi rinascere in un’altra epoca farei il critico. Non per giudicare gli altri ma per la possibilità di andare sette giorni su sette tra cinema e teatro a godere del lavoro altrui. Quindi io guardo tanto e sono molto curioso di quello che esce. Seguo personalità che si sono espresse in maniera molto molto diversa, coltivando interessi lontani, cercando di mettere insieme più talenti e che secondo me hanno cambiato il tempo in cui hanno vissuto. Uno tra questi è un genio, sempre meno spesso citato, che è Vittorio De Sica. È una personalità che ho osservato con grande ammirazione anche perché grazie a mio nonno e a mio padre l’ho conosciuto attraverso quello che ha fatto, e poi l’ho studiato.»

Marco D'Amore e il set de L'Immortale
Marco D’Amore e il set de L’Immortale

CINEMA IN CRISI? – «Ma perchè, quanno non è stato in crisi ‘o cinema? Cioè io io ho iniziato a lavorare a 15 anni in teatro: sempre stato in crisi, sempre. Ora ne ho 39, sono passati ventiquattro anni. Eppure forse questa difficoltà alimenta il desiderio stesso, sicuramente di quelli che lo fanno, in cui magari c’è un moto di agitazione, di rivolta, verso qualcosa che non si vuole che muoia. Certo è che i tempi stanno cambiando, la gente sempre più spesso vuole comandare, vuole decidere cosa guardare, quando e come vederlo. E bisogna fare i conti anche con questo, cambiano i linguaggi ma così è stato nel tempo, pensiamo al passaggio dalla pittura alla fotografia, che è stato uno stravolgimento totale. O a un certo tipo di tecnologia che ha in qualche modo azzoppato l’espressione dal vivo. Si fa i conti con quello che succede. Per me è più preoccupante la crisi di idee, la crisi di contenuti, l’omologazione dei linguaggi, la rappresentazione sempre uguale di certi stereotipi. Quello è molto più preoccupante.»

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