ROMA – Quando uscì Don’t Breathe di Fede Álvarez – diventato in Italia Man in the Dark – fece un botto tanto pazzesco quanto inaspettato, con un box office mondiale di quasi 160 milioni a fronte di un budget che non arrivava nemmeno ai 10. In Italia uscì nel settembre del 2016, ma il successo arrivò tempo dopo, con l’uscita digitale. A suo modo, il film di Alvarez divenne un piccolo caso, che spinse i produttori, Fede Álvarez, Sam Raimi, Robert Tapert, e lo stesso (pazzesco) protagonista Stephen Lang, a gettare le basi per un sequel, diretto questa volta dall’esordiente Rodo Sayagues e co-scritto al fianco dello stesso Álvarez.
Naturalmente storia che vince non si cambia, e allora L’Uomo nel buio – Man in the Dark mantiene l’ormai assodato approccio narrativo nella parte per buona parte del film ma, con un twist inaspettato, capovolge la figura di Norman Nordstrom (Stephen Lang), portandolo verso una sorta di redenzione. Già perché gli eventi del film iniziano ben otto anni dopo i sanguinosi eventi del primo capitolo – un’irruzione in casa, e la scoperta che l’uomo non vedente nasconde un indicibile segreto. Norman, veterano dei Navy SEALS, adesso vive con il suo Rottweiler, Shadow, e con Phoenix (Madelyn Grace), una ragazzina che crede di essere sua figlia.
Dunque, in un climax di normalità forzata, la situazione diventa esplosiva quando una ganga fa irruzione nella loro casa con l’obiettivo di rapire la bambina. Norman, che è letteralmente capace di qualsiasi cosa, si spingerà oltre le sue forze per salvare Phoenix e, in qualche modo, provare a redimersi dalle atrocità commesse anni prima, dopo aver perso la sua famiglia. La scia di sangue, anche questa volta, è lunga e molto molto densa, ma gli autori si concentrano molto di più sulla figure di Norman che, da uomo diventato mostro, prova a fare ammenda in un vortice di vendetta, istinto paterno, senso di protezione e spassionato amore verso i suoi aiutanti… canini.
In fondo il piano finale che hanno i balordi per la piccola Phoenix è così spregevole che Norman diventa una sorta di anti-eroe, purificato dalla sua indotta malvagità e rispecchiando barlumi e sprazzi di pura bontà verso la figlia adottiva. Naturalmente ogni riabilitazione cinematografica nasconde insidie, e il gioco che intraprende Rodo Sayagues in L’Uomo nel Buio – Man in the Dark è decisamente audace nel creare un’ambiguità morale attorno al personaggio di Stephen Lang, che va ad assorbire la sensazione di déjà vu che arriva ricordando il primo, insanguinato film. Ma, più di tutto, il film di Sayagues è un sequel all’altezza che, certamente, farà incuriosire anche chi non è mai entrato nella casa di Norman Nordstrom.
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Qui potete vedere il trailer de L’Uomo nel Buio – Man in the Dark:
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