ROMA – Le immagini di Italia 90 alla TV, il campeggio con gli amici, gli amori estivi, una ragazza scomparsa e tanta nostalgia. Questo il cuore di Un’estate fa, nuova serie Sky Original ideata da Michele Alberico e Massimo Bacchini, ora su Sky e in streaming su NOW. Un thriller transgenerazionale che nel cast vede, divisi in due linee narrative tra passato e presente, Lino Guanciale, Filippo Scotti, Claudia Pandolfi, Alessio Praticò, Paolo Pierobon, Anna Ferzetti, Ginevra Francesconi. E poi? E poi c’è Luca Maria Vannuccini, recentemente ammirato ne La scuola cattolica e Anni da cane, dotato di mimica dolce, intensità di sguardo e la consapevolezza di aver molto da dare tra piccolo e grande schermo. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa sul suo ruolo nella serie, delll’esperienza sul set e di qualche consiglio cinefilo.

IL MIO ADRIANO – «Allora non posso spoilerare, posso dirvi però che quell’estate è un momento molto particolare per Adriano. Come per tutti? Sì, ma c’è qualcosa di diverso. Quella che vedete è un’estate che Adriano si vive al 100%. Ha una forte volontà di andare avanti, incondizionatamente, tant’è che è un ragazzo che spesso combina qualche guaio, qualche danno, ma non gli importa. Adriano ha questo grande rapporto con i suoi amici, Carlo ed Elio in particolare, per cui c’è sempre un continuo gioco, uno scherzo. Il rapporto di questo gruppo, di questi tre ragazzi, è di sangue. Che poi sarà interessante nell’evoluzione in Un’estate fa, anche nel presente (narrativo, nda) con queste dinamiche particolari…».

IL LAVORO SUL PERSONAGGIO – «Mi ha aiutato molto il testo, lo script di Un’estate fa, perché comunque erano gli anni Novanta e io, essendo del 2001, gli anni Novanta non li ho vissuti nemmeno un po’. Per rendere le cose più semplici sarei potuto andare a guardare film e serie degli anni Novanta, o altre cose del genere, ma non credo sarebbe stata la cosa giusta. Non era l’approccio che serviva. Quello che ho fatto, e qui sono stato agevolato sia dal set che dalla troupe, è stato rimanere sulle cose concrete di quel tempo. Un esempio? Avevamo a disposizione molti oggetti degli anni Novanta e molte cose che siamo stati messi nella condizione di poter usare. E ci è servito molto…».

L’ESPERIENZA SUL SET – «Nei giorni delle riprese di Un’estate fa non ho nemmeno usato lo smartphone. A parte che ero stanchissimo e pensavo sempre a lavorare, ma tutti eravamo entrati in quel mood in cui non era necessario perché si era creato un rapporto di gruppo in cui la cosa importante era stare lì. Esserci. Sul set si è creato un rapporto di dare e avere, pura simbiosi, un’ispirazione. Facevamo giochi da tavolo, giochi di ruolo, giocavamo in giardino a ping pong. Tutto era diventato ciò che stavamo vivendo e poi il movimento scenico ce lo ha dato anche il costume e la musica che ascoltavamo. È stato molto forte, complicato a volte, ma mi ha anche aiutato a comprendere il personaggio».

IL MIO CULT – «Sono davvero pochi i film che posso considerare dei cult. Vediamo: in questo momento mi vengono in mente tre titoli. Degli ultimi anni direi Interstellar di Christopher Nolan, sicuramente, ma soprattutto Ema di Pablo Larraín. Quel film mi ha fatto letteralmente impazzire. E poi c’è questo film francese, di cui non ricordo il nome. Sher-qualcosa, credo fosse del 2018, un’opera prima (Shéhérazade di Jean-Bernard Marlin, si trova su Netflix, nda). Passò un po’ in sordina, ma è un film bellissimo che vale la pena recuperare…».
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