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Living | Il senso della vita per Bill Nighy in un film toccante, tra Tolstoy e Kurosawa

Oliver Hermanus e Kazuo Ishiguro si confrontano con il classico del 1952 e vincono la loro sfida

Living
Bill Nighy è il protagonista di Living

ROMA – Qualcuno potrebbe pensare che si deve essere davvero dei pazzi per decidere di confrontarsi con il remake di un capolavoro di Akira Kurosawa. E non avrebbe tutti i torti. Le possibilità di venire schiacciati dal peso del confronto sono innumerevoli. È normale quindi che all’annuncio del rifacimento di Vivere, classico del 1952 firmato dal regista giapponese (a sua volta ispirato ad una novella di Lev Tolstoy, La morte di Ivan Il’ič), in molti abbiamo storto il naso. Ma Living, film diretto da Oliver Hermanus e scritto dal Premio Nobel Kazuo Ishiguro (già autore di Quel che resta del giorno e Non Lasciarmi) non è soltanto un remake/omaggio riuscito ma anche un film profondamente commovente. E lo è con una “semplicità” disarmante nel suo lavorare in sottrazione sul piano narrativo facendo affiorare le emozioni, in chi guarda, in modo quasi inconsapevole al punto da ritrovarsi con le guance bagnate di lacrime senza rendersene conto.

Living
Bill Nighy in una scena di Living

Spostando l’ambientazione del film da Tokyo alla Londra del 1953 ancora intenta a fare i conti con le macerie materiali e morali della Seconda Guerra Mondiale, Living racconta la storia di Williams (un gigantesco Bill Nighy), anziano dipendente pubblico stretto nella morsa di una vita sempre uguale resa ancora più solitaria dalla morte della moglie. William non è altro che un freddo ingranaggio della burocrazia cittadina, circondato da scartoffie che continuano a moltiplicarsi. Quando scopre di avere un male incurabile la notizia lo porta a fare un bilancio della sua esistenza. Consapevole di non poter sprecare altro tempo, l’uomo decide di spendere gli ultimi mesi che gli restano da vivere provando a non sprecarne nemmeno un minuto. Grazie all’aiuto di Peter (Alex Sharp), un giovane idealista appena assunto, William decide di prendere in mano una pratica aperta da un gruppo di mamme decise a far costruire un parto giochi in un’area degradata.

Un’immagine del film

Non è un caso che l’adattamento del film di Kurosawa sia ambientato in Inghilterra. Come accade in Giappone, anche la società inglese ha una capacità di controllare le emozioni fino a reprimerle. È quello che ha fatto William per oltre vent’anni dopo la morte della moglie per evitare di continuare a soffrire inutilmente. Ma, paradossalmente, quella sentenza di morta scatena in lui un’irrefrenabile voglia di vivere. Il film di Hermanus lo mette in scena in modo molto preciso mostrandoci la freddezza e compostezza dell’ambiente lavorativo e casalingo della prima parte della sceneggiatura, con lo schiudersi del protagonista nella seconda parte.

Living
Un’immagine di Living

La scrittura di Ishiguro è raffinata nel creare un’atmosfera quasi sospesa, dosando con attenzione le parole. Tra le scene più emozionanti di Living quella in cui William, a poche ore dalla scoperta della sua malattia, siede sul divano e davanti ai suoi occhi si materializzano alcuni dei ricordi della sua gioventù come dei lampi troppo repentini da poter trattenere. La fotografia di Jamie Ramsay dona al film uno spessore, una densità tali da sembrare scatti di un’epoca passata nel suo giocare sui contrasti. Come quelli interiori che vive il protagonista di questa storia. Uno zombie che per anni ha camminato senza una meta in grado di afferrare tutta la bellezza della vita ad un passo dalla sua fine.

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Qui sotto potete vedere il trailer di Living:

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